OGGI 51 ANNI FA – La ‘partita della lattina’ e il capolavoro di Peppino Prisco


Il 20 ottobre 1971 verrà ricordato nella storia del calcio italiano e tedesco per “la partita della lattina”. Si giocava l’ottavo di Coppa dei Campioni fra Borussia Mönchengladbach e Inter. I tifosi di più lunga militanza certamente ricorderanno l’episodio, mentre i più giovani ne avranno senz’altro sentito parlare. Una vicenda che all’epoca scaldò tutta l’opinione pubblica delle due nazioni, rinfocolando anche dei sentimenti anti-italiani da parte tedesca.

Era il 20 ottobre 1971 quando al Bokelbergstadion, il piccolo impianto della cittadina tedesca, le due squadre si trovarono di fronte negli ottavi di finale della Coppa dei Campioni. Alla mezzora del primo tempo sul risultato di 2-1 per i padroni di casa, mentre Roberto Boninsegna si apprestava ad effettuare una rimessa laterale, venne colpito alla testa da una lattina di Coca-Cola, cadde a terra e fu portato via in barella. In campo scoppio il parapiglia, l’arbitro olandese Dorpmans riuscì a stento a tenere in pugno la situazione e a far riprendere l’incontro. Mentre in campo regnava la confusione, il corpo contundente sparì, apparentemente nascosto dai tedeschi, Sandro Mazzola se ne procurò uno attraverso alcuni tifosi italiani presenti sugli spalti e lo consegnò al direttore di gara. Alla ripresa del gioco, con i giocatori dell’Inter palesemente sotto choc, i tedeschi andarono ripetutamente in gol e la partita terminò 7-1. All’uscita dal campo ci fu anche l’espulsione di Mariolino Corso per una violenta protesta nei confronti dell’arbitro.

Nonostante le molte voci avverse, l’Inter avanzò reclamo e l’avvocato Giuseppe Prisco, all’epoca vicepresidente, presentò una memoria di straordinario spessore, ricostruendo i fatti e chiedendo la vittoria a tavolino. Il caso fu dibattuto per una settimana e si giunse a un verdetto giudicato equilibrato, nonostante la lacunosa legislazione UEFA all’epoca. Il Tribunale sportivo di Ginevra annullò la gara e ne ordinò la ripetizione sul neutro di Berna, infliggendo contestualmente una multa di un milione e mezzo di franchi svizzeri al Borussia. Mariolino Corso fu squalificato per 3 turni, a seguito dell’aggressione all’arbitro olandese, venne anche squalificato il campo della società tedesca per un turno. Da parte tedesca partirono le accuse di vittimismo contro gli italiani, la campagna stampa raggiunse il culmine quando il canale radiofonico di Stato, che normalmente teneva in coda gli avvenimenti sportivi, comunicò l’annullamento della gara come seconda notizia a scapito di politica interna, economia e politica estera. Il clima di indignazione anti-italiana suscitò timori tali che il sindaco di Mönchengladbach fu costretto a disporre misure straordinarie di sicurezza nei confronti di nostri connazionali.

La gara di ritorno, che di fatto diventava l’andata, si disputò il 3 novembre 1971 a San Siro, l’Inter con una prestazione convincente vinse per 4-2. Intanto in attesa della seconda partita, si tenne il procedimento d’appello a seguito di ricorso del Borussia Mönchengladbach, basato sull’assunto che la lattina non avesse danneggiato Boninsegna in maniera invalidante, e che i giocatori dell’Inter avessero messo in atto una manovra a scopo vittimistico. La tesi difensiva dei tedeschi non fu accolta e dopo un solo giorno di esame, a porte chiuse, la commissione d’appello dell’UEFA confermò, sia l’annullamento della gara d’andata che la squalifica a Corso, concedendo al Borussia solo di poter rigiocare, nell’allora Germania Ovest la gara annullata.

Il 1 dicembre successivo allo Stadio Olimpico di Berlino si tenne la ripetizione, l’Inter disputò una gara difensiva da manuale, lasciando pochissimo spazio alle iniziative degli avversari, che dovettero anche fare i conti con la prestazione eccezionale del portiere quasi esordiente Ivano Bordon, che parò anche un calcio di rigore concesso dall’esperto arbitro inglese Jack Taylor. Nonostante la pressione costante il Borussia Monchengladbach non riuscì a segnare e la partita terminò con uno 0-0, che qualificò i nerazzurri di mister Invernizzi ai quarti di Finale. Un capolavoro assoluto di una grande squadra e dell’avvocato Prisco, un professionista ed un tifoso inimitabile che, sorretto dalla sua incrollabile fede nerazzurra, ottenne un successo che a distanza di 51 anni è ancora nella memoria di tutti i tifosi.

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