Inter-Sassuolo 1-2


Grazie Uomo Ragno. Grazie perché ci hai regalato la possibilità di giocarci una finalissima contro la Lazio, quella del 5 maggio (sic!), all’ultima giornata di uno strano campionato; grazie per aver ridato linfa e speranza a quei 70.000 che a S.Siro hanno assistito all’ennesima figuraccia di quest’anno e insieme a loro a tutti quelli che hanno sofferto e bestemmiato sul divano di casa; grazie perché eri rimasto tu l’ultima speranza, tu che sei una colonna dell’interismo più sano, più duro e puro e in bocca al lupo per la salvezza del tuo Crotone, te la meriti.

Era doveroso ringraziare il Walterone, ma quanta rabbia e frustrazione doversi affidare ad altri per potersi giocare un campionato intero all’ultima giornata. Quanta tristezza vedere l’Inter all’ultima gara in casa, con un obiettivo tanto agognato ancora in ballo, entrare in campo come fosse un amichevole, subire come giocasse contro una prima della classe e poi sfiancarsi e stramazzare al suolo, nel tentativo vano di recuperare una partita oramai perduta.

La gara contro gli emiliani è un po’ lo specchio di una stagione altalenante, fatta di alti e bassi, di impegno e svogliatezza, di imprecisione e sacrificio. Gli ospiti partono forte, fanno la loro gara, mentre i nerazzurri molli e svogliati ci mettono del tempo a capire che le cose si stanno mettendo male. Il gol su punizione di Politano sa quasi di sfottò. Il raddoppio del “tifoso” Berardi spezza le gambe e chiude i virtualmente i giochi. I ragazzi si impegnano, ma non c’è la testa, solo gambe e cuore. Spalletti butta nella mischia chiunque, ma senza ricavarne granché. Il gol bandiera di Rafinha è più un premio di consolazione per il migliore in campo che altro. L’Inter schianta sotto i colpi di un normalissimo, ma lucido Sassuolo. Si dice che al peggio non ci sia mai fine, ma quest’anno si è vista questa squadra più volte risorgere dalle proprie ceneri e oramai è rimasta un’unica, sola, importantissima gara, con un solo risultato utile, la vittoria. C’è da sperare che oltre all’impegno, i ragazzi mettano in campo cervello, precisione, concentrazione e cinismo, tutte doti che, venute a mancare troppo spesso e volentieri, ci sono costate sei punti solo con i neroverdi e un bel tonfo dal primo al quinto posto…

La gara contro gli emiliani è un po’ lo specchio di una stagione altalenante, fatta di alti e bassi, di impegno e svogliatezza, di imprecisione e sacrificio.

Migliore in campo Rafinha. A parte il gol, un bel colpo da biliardo, tanto cuore, passione e testa, in mezzo a tanta approssimazione. Gli altri ci mettono tanta corsa, spesso a vuoto, tanto cuore, da far tenerezza, visti i risultati, tanta rabbia e frustrazione per gli scarsi, scarsissimi risultati, a partire da Icardi. Il capitano impatta contro un ottimo Consigli, ma non è in vena e si vede. Sbaglia tutto e non partecipa quasi mai alla costruzione. Perisic, Candreva, poi anche Eder e Karamoh, non trovano mai il guizzo, lo spunto e soprattutto la giusta misura sotto porta. Come D’Ambrosio e Cancelo, non ne viene fuori un cross decente, un passaggio smarcante,  un posizionamento adeguato. Persino Skriniar e Handanovic sono sotto tono. Probabilmente, arrivati a pochi passi dal traguardo, i più hanno mollato, convinti di essere capaci di avere la meglio in una partita facile e invece hanno dimenticato che questa Inter non può rilassarsi, nemmeno un attimo, non avendo la caratura per vincere giocando al 50% delle proprie possibilità. Motivo del resto per cui la gara contro la Lazio sarà sicuramente diversa, partendo da sfavoriti, con un solo risultato utile e in un contesto da ultima spiaggia.

Incrociamo le dita,

Amala.

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