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ESCLUSIVO – Palmieri (Tg1): “Interista grazie al papà. Mattheus e Rummenigge i miei idoli del passato”

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‘Educazione Ambrosiana’ è l’ultimo libro di Micaela Palmieri, giornalista del Tg1 e scrittrice. Il libro racconta 11 partite dell’Inter che hanno cambiato la vita dei tifosi nerazzurri, dalla finale di Coppa Campioni del ‘64 al derby dello scorso anno. Sono storie vissute da personaggi diversi – giovani, donne, giornalisti – avvenimenti romanzati e visti con i loro occhi. Iotifointer.it l’ha incontrata.

Come nasce la tua fede interista?
“Grazie a mio padre, da sempre vero interista: mi ha contagiato con la sua passione che oggi è anche la mia”.

Zenga, Bergomi, Facchetti, Oriali, Samuel, Cambiasso, Et’ò, Mazzola, Boninsegna, Mattheus, Rummenigge è la mia Inter dei sogni, E la tua?
“Zenga, De Vrij, Facchetti, Berti, Samuel, Cambiasso, Et’ò, Mattheus, Ronaldo, Baggio, Rummenigge”.

Il tuo ruolo in campo?
“Attaccante, senza dubbio!”.

Il tuo idolo del passato e quello del presente?
“Del passato, non facile da decidere, propendo per Lothar Mattheus e Kalle Rummenigge. Del presente, non ho idoli, o meglio non ho più il coraggio di appassionarmi troppo ai giocatori… Sono solo uomini e passano. Cerco di amare solo la maglia, unica cosa che conta davvero”.

In RAI son tanti gli interisti veri, passionali?
“Si, ce ne sono molti. La squadra di calcio dovrebbe essere una delle poche cose nella vita che non si può cambiare”.

Da Bocelli a Vasco Rossi, da Max Pezzali a Vecchioni fino a Celentano e Mina: chi preferisci fra i tanti interisti cantanti?
“Amo Vasco Rossi e le sue canzoni-poesie da sempre. Adoro anche Adriano Celentano, personaggio vero”.

E tra le donne di spettacolo con la passione del nerazzurro?
“Natasha Stefanenko, una donna molto intelligente, oltre che bellissima”.

Andiamo agli uomini di spettacolo: Salvatores, Iacchetti, De Luigi….
“Ho adorato i film di Salvatores: ‘Mediterraneo’ è un cult”.

Tra giornalisti e conduttori: andiamo da Mentana a Severgnini, da Riotta a Bonolis fino ad Amadeus.
“Enrico Mentana e Paolo Bonolis”.

Un interista, per essere sinceramente tale, deve avere un’apertura mentale chiara, precisa, anche in considerazione dei motivi della fondazione (9 marzo 1908)?
“L’apertura mentale è fondamentale e gli interisti sono portati ad averla per natura. La sofferenza, di solito, ti porta a lottare ed a non accontentarti…”.

Noi siamo “Brothers of the world”… Ma in che mondo stiamo vivendo?
“Un mondo cieco. Il clima, la violenza, l’indifferenza. Pensiamo di vivere per sempre e questo ci rende vanagloriosi. Prima o poi dovremo scegliere”.

Chi gioca da solo non perde mai?
“Penso che, invece, perda sempre. Il trucco è trovare la persona giusta con cui dividere il campo”.

Sono cambiati più gli uomini o le donne?
“Credo che le donne stiano cercando di ottenere quello che avrebbero sempre dovuto avere: le stesse occasioni degli uomini. Non è un percorso facile perchè scardinare decenni di mentalità distorta non è uno scherzo. Io penso che le donne siano un dono e che, spesso, spaventino perchè, di natura, sono molto più indipendenti degli uomini.
Affiderei il mio pensiero a Groucho Marx che diceva: “Gli uomini sono donne che non ce l’hanno fatta””.

Le donne intellettuali sono sempre un poco misogine?
“Non penso sia così: la parola “intellettuale” non mi ha mai convinto. La trovo pretenziosa e lontana dalla realtà.
Le persone che studiano hanno, forse, più consapevolezza delle cose e delle situazioni e non è detto che sia sempre un bene: uomini e donne, in questo caso, sono simili”.

Nei telegiornali escono le verità che si vogliono o quelle che si possono far uscire?
“Credo che la verità sia una, non penso abbia tante forme. I tg raccontano quello che succede; la chiave penso che si debba dare con obiettività, sempre, e che il telespettatore possa, poi, analizzarla con la sua coscienza critica”.

Il giornalismo televisivo regala notorietà ma solo quello scritto può donare anche gloria?
“Non credo. La notorietà è un’illusione, dal mio punto di vista. E passa in un attimo. Credo che la prima caratteristica che un giornalista debba avere sia l’affidabilità ed essere utile alla comunità”.

Meglio perdere la passione o perdersi nella passione?
“Sicuramente perdersi nella passione. Credo che in un momento così difficile come quello che stiamo vivendo, la passione, le emozioni, siano le poche cose che ci restano e le dobbiamo custodire”.

Cosa ti aspetti da ‘Educazione Ambrosiana’?
“Non mi aspetto molto dalle situazioni in generali ed ancor meno dalle passioni. ‘Educazione Ambrosiana’ è una mia grande passione e, si sa, le passioni sono solo passioni”.

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Published by
Emilio Vittozzi