Coppa Italia – Milan-Inter 1-0 (t.s.)


Con la sconfitta maturata ai tempi supplementari contro uno dei peggiori Milan di sempre, possiamo tranquillamente, serenamente, cominciare a parlare di ricorsi storici. Come neve al sole, il miracolo di Spalletti si è liquefatto nel giro di quattro partite, tre sconfitte; per carità, diverse per come sono maturate, per come ci si è arrivati, ma tutte accomunate da quel profondo senso di debosciamento, di sgretolamento di ogni certezza tanto faticosamente acquisita, dopo aver superato, almeno all’apparenza, lo squallore dell’anno passato, quando si parlava di una delle peggiori Inter degli ultimi cinquanta anni. Bloccate le fasce, privi di uomini in  grado di far brillare la propria individualità in un contesto di squadra, sostanzialmente divenuti, all’improvviso, incapaci di fare gol anche a un metro dalla porta, vedi Joao Mario a tu per tu con il fratello del portiere titolare che riesce a colpire in pieno trasformandolo nel portiere dell’anno secondo alcuni media, l’Inter si ritrova dunque ad affrontare i fantasmi dello scorso anno e le parole di Spalletti, “qui sembra che le cose debbano andare così”, diventano preoccupanti, seriamente preoccupanti.

Alcuni giocatori manifestano indolenza e incapacità a cogliere le occasioni che il mister offre loro, sprecano, sbagliano le cose più semplici e creano sconforto e delusione nei tifosi.

Pordenone, Sassuolo, Udinese e Milan hanno smontato il giocattolo e ora Lazio e Fiorentina potrebbero finire il lavoro facendoci tornare indietro di giusto un anno. La partita con i rossoneri ancora una volta lascia l’amaro in bocca perché in fondo l’impegno c’è, lo sforzo atletico non si può negare, ma la mancanza di fantasia, di idee, di sostituti che cambino l’inerzia della gara, persino il Milan ce li ha, trascina la squadra nel baratro del muro di gomma: arriviamo in area e rimbalziamo indietro, fino a che l’avversario di turno riesce in quello che noi proprio non siamo più in grado di fare, il gol.

Alcuni giocatori manifestano indolenza e incapacità a cogliere le occasioni che il mister offre loro, sprecano, sbagliano le cose più semplici e creano sconforto e delusione nei tifosi, altri sono improvvisamente involuti rallentando ritmi e velocità o incartandosi tra un dribbling di troppo e un cross a velocità variabile per difensori e portieri avversari. Altri ancora, abbandonati a sé stessi, spariscono dal campo: in poche parole, la linea d’attacco è andata in bambola, il centrocampo non riesce ad andare oltre il compitino e se calano i ritmi a stento riesce a fare pure quello. Per ora tirano la carretta difensori e portiere, unico reparto, quello difensivo, che non sembra aver perso la bussola con la direzione indicata dal mister. Purtroppo, prima o poi, il gol puoi subirlo sempre: magari non ti segna il Pordenone, ma la zampata vincente può capitare a un Sassuolo o a un Milan dopo più di cento minuti di gioco e poi vallo a recuperare…

Handanovic salva il salvabile, ma alla fine deve capitolare. Nagatomo fa il suo dovere e tutto sommato limita i danni tenendo a freno Suso, il migliore degli avversari. Cancelo è giovane e irruento, ma regge i ritmi di gioco e prova a dare il suo contributo. Skriniar irreprensibile, ma sempre più abbandonato dai centrocampisti. Ranocchia si conferma in ripresa e senza remore. Vecino si perde nella trequarti, mai un tiro fuori area, mai un colpo di “follia”. Gagliardini idem con patate. Joao Mario sbaglia qualsiasi cosa, lo spettro del giocatore visto all’inizio della sua avventura nerazzurra. Brozovic ancora una volta lanciato nella mischia, finisce nella trappola dei gosthbusters e sparisce dal campo appena entrato. Icardi da solo e fuori dal gioco, non è mai pericoloso. Candreva tra dribbling e cross, perde di vista il concetto del gol, non tira mai è quando può, perde l’attimo fuggente. Perisic appare all’improvviso dalle nebbie della fascia sinistra: il tempo di tirare addosso, anche lui, al terzo portiere rossonero che la butta dentro alla sua stessa porta, vedersi annullare il gol dalla VAR per fuorigioco di Ranocchia per poi ritirarsi di nuovo fra quei banchi di nebbia da cui era sbucato. Eder entra per ricordarci che in panchina siamo messi male, malissimo.

Dunque tanta corsa a vuoto, un gol annullato e altre due/tre occasioni clamorose buttate alle ortiche per poi prendere gol nel primo tempo supplementare e finire eliminati dalla Coppa Italia con demerito, dopo aver già rischiato clamorosamente con il Pordenone che, a questo punto, magari passava ai rigori contro di noi ed eliminava pure i cuginastri senza tanti affanni. Per Spalletti iniziano i veri tempi duri, welcome to Inter mister, in bocca al lupo.

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