Condò ci va duro: “Quello di Ibra è un espediente sleale e vigliacco per trarre un vantaggio indebito”


Nell’edizione odierna di Repubblica il noto giornalista Paolo Condò ha espresso una sua opinione in merito alla lite tra Romelu Lukaku e Zlatan Ibrahimovic. “Quello che Ibra ha fatto a Lukaku nel derby di Coppa Italia ha un nome molto preciso: si chiama trash-talking. E’ un metodo per innervosire l’avversario portandolo a sbagliare, a reagire, a farsi espellere“.

Il giornalista sportivo ed opinionista di Sky Sport ha quindi spiegato come viene attuato questo espediente. “I professionisti del settore, e Ibra certamente lo è, memorizzano le informazioni che possono tornare utili. Studiano i punti deboli degli avversari: tipo la cretinata dei riti voodoo tirata fuori dal proprietario dell’Everton. All’epoca Romelu si adirò molto per la falsità, e di quella rabbia ovviamente è rimasta traccia in rete: chi vuole provocarlo, sa dove colpire. Oltre a questa carineria, Ibra gli ha tirato addosso pure la storia dell’asino (donkey) che a Manchester tormentava il belga in due sensi. Uno riguardava i suoi limiti tecnici, l’altro era appunto un doppio senso. Ce n’era d’avanzo per farlo reagire, fidando nel fatto che l’arbitro non conoscesse l’intera storia, e dunque notasse la reazione assai più della provocazione. Un’operazione ben studiata e da vero “artista” del trash-talking”.

Condò si pone quindi due domande sulla vicenda, provando anche a dare le risposte.
“C’era del razzismo nella miccia accesa da Ibra? No. Semmai del classismo: sei un seguace del voodoo, quindi un selvaggio. Il rossonero ha precisato ieri che il suo intento non era razzista. Certo, potrebbe averlo fatto per allontanare da sé il rischio di una squalifica; ma lo svedese non è mai stato un ipocrita.
Allora quel che è successo può essere considerato normale, una cosa da campo e basta? No. Il trash-talking è un espediente sleale e vigliacco per trarre un vantaggio indebito. Se l’arbitro avesse capito meglio quel che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi avrebbe dovuto espellere entrambi i giocatori, calcando poi la mano nel referto più sul provocatore che sul provocato”.

La storia sportiva è piena di episodi di trash-stalking. “Tutti gli eroi hanno dei difetti. Nell’epopea di Michael Jordan erano raccontati diversi episodi di trash-talking – lui era un maestro – e ci eravamo sbellicati dalle risate. In questi giorni, con grande commozione abbiamo appena ricordato il primo anniversario della scomparsa di Kobe Bryant. Il grande cestista, oltre a essere il campione e la persona meravigliosa che sappiamo, era famoso anche per il modo in cui brutalizzava verbalmente avversari e pure compagni. La differenza – ha concluso Condò – è che dei Bulls e dei Lakers non ce ne frega niente. Abbiamo solo un’ammirazione incondizionata per le loro star. Mentre se indossi la maglia di un club della nostra quotidianità sei innocente o colpevole a seconda di chi tifiamo. Non va bene”.

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