Cottarelli: “Vi illustro il progetto Interspac: l’Inter sul modello Bayern”


Carlo Cottarelli illustra a La Repubblica il progetto Interspac: “Il nostro sogno è portare il
modello dell’azionariato diffuso, che tanto bene ha fatto al Bayern”.

Ne avete parlato con l’attuale proprietà dell’Inter?
«Non in tempi recenti. Un paio di anni fa con Zhang non trovammo interesse. Ora le cose potrebbero essere cambiate. Siamo stati descritti come tifosi Vip, ma è ingiusto. Lo spirito è tutto tranne che vip».

Qual è il progetto?
«Portare nel capitale dell’Inter molte decine di migliaia di soci appassionati, un azionariato diffuso e popolare, come appunto accade in Germania, dove una legge impedisce eccessive
concentrazioni nelle proprietà dei club. In Bundesliga l’azionariato diffuso ha creato un forte legame identitario, i conti vanno meglio che altrove e c’è un ritorno commerciale: se ho un ruolo nel club, più volentieri andrò allo stadio ed acquisterò magliette e merchandising».

Chi immagina come presidente?
«Un interista, che ami la squadra e conosca a memoria almeno una formazione storica. Se non quella della Grande Inter, quelle del Trap o di Mourinho. Al Bayern il presidente è Rummenigge, una bellissima figura scelta dai soci: per tre quarti piccoli azionisti, poi i tre grandi gruppi Adidas, Allianz e Audi».

Lei farebbe il presidente, se glielo chiedessero?
«È fantascienza. Un’ipotesi che non ha senso avanzare».

Pensa che Massimo Moratti potrebbe avere un ruolo nell’Inter popolare che immaginate?
«Sarebbe bellissimo. Come interista sono grato a Moratti, ed è bello che abbia definito romantico il nostro progetto. Ma quel che conta, più dei singoli, è la struttura. Oltre a noi 16 soci pensiamo di poter coinvolgere un centinaio di interisti famosi, di cui non voglio fare i nomi, che potrebbero promuovere la raccolta delle adesioni a un pubblico vasto. Penso ci possa essere grande interesse. Il Bayern ha 160 mila soci».

Non sono un po’ tanti per l’Inter?
«No. L’Inter ha tantissimi tifosi, e la più alta concentrazione è in un raggio di 100 chilometri da Milano. Non è ancora il momento di indicare cifre, ma contiamo di potere arrivare a quote interessanti».

Sareste disposti anche a fare da soci di minoranza, al fianco di Suning o di un fondo?
«Siamo disponibili a fare la nostra parte in qualsiasi modo. Zhang ha fatto un gran lavoro, ha investito e ha riportato l’Inter a essere il grande club che tifavo da bambino».

Lei è interista dalla nascita?
«Dichiaratamente, da quando avevo 9 anni. Papà era juventino. Quando me lo chiedevano, dicevo di tifare Cremonese, la squadra della mia città. Poi ho sciolto gli indugi. Mio figlio è interista, mia figlia vive a Londra e tifa West Ham. Anche io ho vissuto per tanti anni all’estero, e mi mancava San Siro».

Cosa pensa dei progetti per il nuovo
stadio?
«Sono un nostalgico ma mi rendo conto che avere uno stadio moderno, di proprietà del club, oggi è una necessità».

Come gestirebbe il club?
«Punterei ad aumentare le entrate, solo poi penserei a ridurre la spesa. Lo ha dimostrato la Premier. La prima cosa, per un campionato e per un club, è vendersi bene. Poi, certo, se senti che Messi ha guadagnato 555 milioni dal 2017 a oggi, qualche domanda sulla sostenibilità del sistema te la fai».

Il modello di azionariato popolare che propone potrebbe funzionare anche in club più piccoli?
«È più complicato, magari in un secondo momento. Prima devono partire i grandi club. L’esempio deve darlo l’Inter. Sono sicuro che i tifosi, se ne avranno la possibilità, saranno pronti a fare la loro parte».
(FONTE: LA REPUBBLICA)

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