L’Inter abbatte gli ostacoli con il DNA della grande squadra. Quello non si compra e non si vende…

La partita di Firenze era indicata da molti come particolarmente insidiosa e potenzialmente pericolosa. Quella di Vincenzo Italiano, infatti, è una squadra partita con il piede ben piantato sull’acceleratore: il lavoro del tecnico ex Spezia va ben oltre le tre vittorie consecutive con le quali la Fiorentina si presentava ieri al cospetto dei Campioni d’Italia.

I timori della vigilia, in effetti, si sono rivelati fondati. Nel primo tempo, bisogna ammetterlo con sincerità, i viola hanno dominato. L’intensità, il pressing asfissiante, la capacità di arrivare per primi sulle seconde palle e non far ragionare la squadra di Inzaghi hanno caratterizzato il predominio della Fiorentina nella prima frazione di gioco. L’Inter, d’altro canto, è apparsa confusa e gli errori tecnici si sono sprecati: siamo sicuri che il copione andato in scena sia stato esattamente quello che Italiano aveva composto durante la preparazione della partita. Se non fosse per un dettaglio. La Fiorentina ha segnato un solo gol. L’Inter, infatti, ha rischiato di chiudere con un passivo più ampio rispetto all’1-0 con il quale Fabbri ha mandato le squadre nello spogliatoio.

Già, Fabbri. Il fatto che i viola abbiano meritato il vantaggio nel primo tempo non legittima il fatto di sorvolare sull’errore dell’arbitro in occasione del gol dell’1-0. Si tratta di due ragionamenti paralleli, che non collidono. La spinta di Nico Gonzalez su Skriniar è stata evidente, il gol sarebbe stato da annullare o quanto meno ci si sarebbe dovuti porre dei dubbi sull’intervento dell’ala viola. Fabbri, invece, non ha neanche consultato il Var, diretto da Maresca (con il quale i precedenti non sono così confortanti…ricordate il sei sempre tu di contiana memoria?), affrettandosi a convalidare il gol e riprendere il gioco. Oltre al gol, l’arbitraggio di Fabbri non è stato affatto impeccabile: scelte singolari nella gestione dei cartellini ed interpretazioni differenti su alcuni episodi fallosi simili.

Insomma, avversario più in palla che ha dominato per 45 minuti e scelte arbitrali controverse: gli ingredienti per una debacle nerazzurra c’erano tutti. E probabilmente tutti gli avversari dell’Inter, davanti alla tv, coltivavano qualcosa in più di una speranza, visto che la totalità dei fattori sembrava essersi allineata in direzione contraria a quella dei nerazzurri. La prima sconfitta in campionato dei Campioni d’Italia era nell’aria. E invece no, perché quello Scudetto sul petto vale e tanto, in termini di autostima, consapevolezza, gestione mentale delle partite anche quando sembra non funzionare nulla. E dunque, incide tanto nella capacità di abbattere gli ostacoli.

Da grande squadra

Il calo della Fiorentina nel secondo tempo era preventivabile, ma non lo era affatto la capacità e la tenuta nervosa dell’Inter di Inzaghi, nonostante un primo tempo complicatissimo. E invece nel secondo tempo è bastata una scintilla, il gol di Darmian, per far sì che i nerazzurri riprendessero il filo del discorso e andassero a prendersi tre punti con assoluta autorità, con la calma dei più forti e con la consapevolezza dei grandi. Da lì in poi, la strada si è inclinata, diventando una piacevole discesa che l’Inter ha percorso con brillantezza.

Vittorie come quelle di ieri ricordano le grandi squadre del calcio italiano: il Milan di Capello, la Juventus di Allegri e Conte o, per ritornare ad esempi più affini ai gusti nerazzurri, le Inter di Mancini, Mourinho e dello stesso Conte. Rimanere aggrappati ai tre punti, rifiutando in maniera ostinata e categorica l’idea della sconfitta, non è da tutti. È solo per coloro che vantano il DNA dei grandi, quello che l’Inter ha cominciato ad assorbire due anni fa e che è sempre più visibile. Quello non si compra, non si vende, bensì si instilla con il lavoro ed è duro da estirpare. È questa la notizia migliore per i tifosi nerazzurri.

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