L’ANALISI – A Correa serve una scintilla. E c’è una nuova tendenza nell’Inter di Inzaghi


Dopo il pareggio colmo di rammarico e rabbia rimediato contro la Juventus, l’Inter ha recepito un messaggio chiaro: adesso non si può più sbagliare. I punti di svantaggio dalla coppia in vetta, infatti, sono diventati ben sette e il confine fra speranza e utopia – in vista di una possibile rimonta – sarebbe potuto diventare sempre più labile, in caso di nuovi passi falsi. Inzaghi e i suoi ragazzi lo sapevano fin troppo bene, nel momento in cui si apprestavano ad affrontare due turni sulla carta agevoli – contro Empoli e Udinese – ma che tuttavia si configuravano come i tipici impegni in cui “c’è tutto da perdere”.

I nerazzurri hanno vinto entrambe le gare in maniera autoritaria, decisa, senza gli isterismi che hanno caratterizzato la sconfitta di Roma con la Lazio, senza le ingenuità individuali costati due punti contro la Juventus, senza il disequilibrio tattico delle prime 7 uscite in campionato.

Nuova tendenza

Dopo la sconfitta dell’Olimpico, i gol incassati erano ben 11. La squadra non riusciva ad interpretare i momenti della partita, era deficitaria nella gestione e sempre protesa scriteriatamente in attacco: un atteggiamento che metteva in grossa difficoltà i difensori nerazzurri, obbligati a costanti corse all’indietro di diversi metri. Poi, dalla sopracitata gara contro la Juventus in poi, si è registrato un intelligente cambio di rotta: Inzaghi ha abbassato leggermente il baricentro, pur senza rinunciare alla spiccata anima offensiva di questa Inter e – in generale – di tutte le sue Lazio, ricorrendo in diverse fasi delle partite anche ad alcune situazioni di difesa posizionale.

È successo contro la Juventus nel secondo tempo, quando i nerazzurri non avevano concesso occasioni ai bianconeri; si è ripetuto contro l’Empoli quando – seppur in un contesto generale di dominio – l’Inter ha continuato ad indossare l’elmetto quando necessario. Oggi la difesa dell’Udinese è stata perfetta fino al gol del vantaggio nerazzurro, ma quella dei Campioni d’Italia non è stata da meno: i primi, seri pericoli sono arrivati addirittura sul 2-0. L’unico clean sheet, fino a poco tempo fa, era datato 21 agosto, giorno dell’esordio in campionato contro il Genoa. Adesso, invece, i nerazzurri ne hanno infilati due consecutivi, subendo soltanto 1 gol nelle ultime 3 partite, da calcio di rigore (se ci aggiungiamo anche l’impegno di Champions contro lo Sheriff, c’è un altra rete incassata, stavolta su punizione). Un netto cambio di tendenza: l’Inter continua a costruire tanto, ma difende meglio. Un pregio che ogni squadra con ambizioni di vittoria deve possedere. Così come una rosa affidabile che consenta di poterne attingere, ricorrendo a quelle obbligate rotazioni dei mesi autunnali.

Le scintille del Tucu

Non è un caso che negli ultimi giorni Inzaghi abbia finalmente potuto contare su una rosa al completo: oggi erano tutti disponibili, compresi i quattro attaccanti. Il tecnico piacentino ne ha approfittato subito, variando le coppie in maniera totale fra Juventus, Empoli e Udinese: Lautaro-Dzeko nel Derby d’Italia, Lautaro-Sanchez in Toscana, Dzeko-Correa nella partita odierna.

Se le prove del bosniaco sono sempre di livello alto, nel primo tempo di oggi i mugugni – anche a San Siro – nei confronti di Correa erano tangibili. La sua prova era stata gravemente insufficiente, così come quella di Dumfries, che a tratti appare ancora un corpo estraneo rispetto al resto dell’organico. Il Tucu, però, ha un pregio: quando si accende, per gli avversari sono dolori. Quando scocca una piccola scintilla, si arriva rapidamente a strabilianti fuochi d’artificio. Era successo a Verona, quando Correa era arrivato da due giorni scarsi e – all’esordio – aveva regalato ai nerazzurri i tre punti, trovando il gol con uno splendido stacco di testa e ripetendosi, dieci minuti dopo, con un tiro all’angolino da fuori area. Oggi si è verificata una dinamica simile, nonostante i contesti originari fossero differenti: se alla seconda giornata il Tucu era l’eroe arrivato da Roma per esibirsi immediatamente in un one-man show, oggi era titolare e vicino ad entrare decisamente nel mirino dei tifosi. Serviva una risposta, è arrivata. E come a Verona è stata doppia. In generale, fra Lazio e Inter, nelle ultime quattro partite in cui l’argentino è entrato nel tabellino dei marcatori, lo ha sempre fatto con una doppietta: non può essere un caso. Significa che si tratta di un giocatore per il quale prendere fiducia, sentirsi decisivo, è fondamentale ai fini delle prestazioni e delle vittorie di squadra.

Una settimana da brividi

L’Inter può dirsi pronta ad affrontare sette giorni fondamentali per la sua stagione: mercoledì, in primis, sarà di scena in Moldavia. Una mancata vittoria sarebbe qualcosa di molto vicino a una condanna definitiva ma, al tempo stesso, un successo potrebbe servire ai nerazzurri il match-ball per il passaggio del turno già contro lo Shakhtar Donetsk, dopo la sosta. Spesso si abusa della locuzione “si gioca tutto”. Beh, stavolta è proprio così: l’Inter avrà in mano il proprio destino in Champions League. Poi, domenica, un’altra sfida simile a un dentro o fuori: per la classifica, perché i nerazzurri avranno l’occasione diretta per avvicinarsi a una delle attuali prime in classifica; ma anche sul piano dei segnali, perché se l’Inter c’è, deve dirlo chiaramente. Il 7 novembre avrà la possibilità di rilasciare una dichiarazione d’intenti all’Italia intera.

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