L’ANALISI – Una vittoria attesa due mesi e mezzo. E Pioli si conferma “signore” solo quando vince…


Era dal 5 febbraio scorso che il mondo nerazzurro attendeva una rivincita. Praticamente due mesi e mezzo d’attesa per liberarsi e superare il ricordo di un derby dominato e clamorosamente perso, determinando così il cambiamento d’inerzia nella stagione di Inter e Milan. Quale occasione migliore di una semifinale, per giunta di ritorno, quella che stabilisce chi andrà a Roma e chi andrà a casa? Quale modo migliore di un netto 3-0 per vincere il primo derby stagionale, spezzando in maniera sfarzosa un equilibrio fatto da un doppio 1-1 e da un 2-1? La speranza è che un risultato così pesante possa indirizzare anche il finale di questo campionato e di questa stagione, caratterizzata da un duello infinito fra le milanesi. Tuttavia, l’Inter dovrà essere brava a slegare le due competizioni: se fosse stata eliminata avrebbe avuto bisogno di 18 punti nelle ultime 6 gare per vincere questo Scudetto. Con il passaggio in finale…pure. L’epilogo è ancora tutto da scrivere, ma sicuramente gli uomini di Inzaghi avranno l’occasione di incanalare al meglio l’entusiasmo di una finale raggiunta battendo in maniera netta i rivali.

Lautaro, notte da fenomeno

C’è da dire che i 3-0 dell’Inter nei derby portano bene, eccome, a Lautaro Martinez. L’ultimo concluso con lo stesso punteggio, nel febbraio 2021, fu marchiato ancora una volta dalla doppietta del Toro, di nuovo in occasione dei primi due gol. Alla faccia di chi sostiene che non incida nelle partite importanti, alla faccia delle critiche, alla faccia del “sopravvalutato”. Il numero dieci dell’Inter ha dato seguito all’impatto devastante contro lo Spezia da subentrato, stavolta partendo dall’inizio e apponendo la firma sulla gara già dopo cinque minuti con un tiro al volo spettacolare per abilità tecnica e ferocia agonistica con le quali ha spezzato le mani di Maignan. E poi, poco prima dell’intervallo, nel miglior momento del Milan, ecco il tocco sotto di freddezza pura sul filo del fuorigioco.

Non c’è però solo la doppietta nella prova del Toro, decisivo a tutto tondo. Ripiegamenti in fase difensiva, supporto sui calci piazzati avversari, abilità nel controllare palla e far salire la squadra, capacità di saltare l’uomo con classe: per larghi tratti della gara, ha fatto ammattire Tomori e Kalulu. Con Correa, poi, si trova alla grande: il Tucu non ha segnato, vero, ma è risultato estremamente utile nelle ripartenze e con la sua qualità, quella che gli ha permesso di vedere e servire Lautaro con il contagiri in occasione del 2-0.

Tutti hanno offerto ottime risposte: Skriniar si è confermato la solita garanzia, Bastoni una spina nel fianco quando si alza per associarsi alla fase offensiva, mentre De Vrij ha scacciato i fantasmi dei due derby di campionato: se all’andata si era reso protagonista in negativo con un autogol, al ritorno aveva commesso un errore sul 2-1 di Giroud. Beh, ieri l’olandese è stato impeccabile e il francese non si è mai visto. Conferme anche per Perisic, moto perpetuo anche dopo un problemino fisico accusato nei primi minuti, così come Barella, un faro in entrambe le fasi. Calhanoglu ha sbagliato qualche controllo di troppo, ma ha dato il suo contributo recuperando palle importanti e sfoderando soluzioni di qualità in diverse occasioni, mentre Brozovic ormai ci ha preso gusto, ad entrare nei tabellini: dopo il gol allo Spezia, ecco l’assist per Gosens. Il tedesco, chiuso dal Perisic migliore di sempre, aveva estremamente bisogno dell’effetto benefico del ritorno al gol. A proposito di esterni, Darmian di nuovo encomiabile, nonostante l’altissimo tasso di difficoltà della partita, che lo vedeva fronteggiare Theo Hernandez: per Matteo anche un assist, sulla prima rete di Lautaro. Bene anche Handanovic sul tiro di Saelemaekers: lo sloveno, inoltre, è stato l’indiretto protagonista dell’episodio che ha provocato l’ira funesta di Pioli e del Milan tutto.

Solo quando vince

Occorrerebbe innanzitutto scindere il piano del regolamento da quello delle supposizioni. Il primo dice che se c’è un giocatore avversario davanti al portiere, il gol è da annullare; il secondo, fortemente caldeggiato e sostenuto dai milanisti, afferma che Handanovic non avrebbe comunque parato la conclusione di Bennacer. Possono essere veri entrambi, ma se del primo vi è certezza, del secondo no. E soprattutto, il primo prevale sempre e comunque sul secondo, nel gioco del calcio.

Per questo motivo, fa sorridere il fatto che Pioli si sia presentato davanti alle tv dopo la partita con l’unico scopo di recriminare sul gol annullato, denotando un grande nervosismo che si avvicina alla maleducazione nel momento in cui abbandona l’intervista senza che nessuno stesse contestando le sue dichiarazioni (e figuriamoci…). Forse è arrivato il momento di abbandonare la retorica del “Pioli signore” e del Pioli sempre superiore alle spicciole polemiche arbitrali. Troppo facile ergersi al di sopra delle discussioni di questo tipo solo quando si vince, troppo facile dichiarare che l’operato degli arbitri non verrà più commentato e poi farlo puntualmente al primo episodio avverso. Ci sono allenatori che non commentano mai le direzioni arbitrali e allenatori che lo fanno sempre: con Pioli assistiamo alla creazione di una terza categoria, quella degli allenatori che non commentano le direzioni arbitrali solo in caso di vittoria. Una categoria impregnata di ipocrisia, piena di evidenti contraddizioni, costretta ad appellarsi alle mancate proteste di un giocatore per sostenere con certezza che la rete fosse valida. No, non al regolamento, alle mancate proteste: avete capito bene. Beh, signor Pioli, Handanovic non aveva protestato neppure nel derby di campionato, quando un possibile fallo di Giroud aprì le porte alla rimonta milanista. Ma lì, ovviamente, il signor Pioli preferiva non parlare dell’arbitro.

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