L’ANALISI – L’Inter pianta il seme della rinascita. Tutte le basi da cui ripartire


Nel momento più pesante, nella serata più difficile, l’Inter rinasce e lo fa appellandosi alla sua identità, rincorrendola e acchiappandola: sofferenza, grinta, concentrazione totale e vittoria di lusso in una grande notte europea. Si qualificherà agli ottavi? Non lo sappiamo, di certo rimane complicato in un girone così: uscire dal Camp Nou indenni è qualcosa di arduo per chiunque, anche per i top club. La squadra di Inzaghi, però, ha fatto vedere tutto quello che è necessario per renderci orgogliosi, dopo un pessimo inizio di stagione.

La Beneamata ha piantato il seme della rinascita e ora si tratterà di farlo fiorire, coltivandolo con cura. La serata di San Siro ci lascia tante buone basi da cui ripartire, soprattutto nello spirito mostrato. Il risultato sarebbe potuto essere differente, certo, ma non è questo il discorso da fare. La concentrazione dimostrata, l’abnegazione collettiva e la voglia di aiutarsi l’un l’altro non possono essere scalfite da un risultato. Solo con la mentalità mostrata ieri è possibile ambire a traguardi da Inter.

Inzaghi perfetto, difesa d’altri tempi

Simone Inzaghi, proprio quando è stato messo pesantemente in discussione e le voci sull’esonero sono circolate in maniera consistente, ha sfoggiato una preparazione e un’interpretazione tattica della partita davvero notevoli. La mossa Calhanoglu regista ha pagato, non solo per l’ottima prestazione del turco impreziosita da un gran gol, ma anche perché Mkhitaryan da mezzala sinistra si è rivelato utilissimo tanto nell’uscita palla quanto, insospettabilmente, in fase difensiva. Le maggiori preoccupazioni per l’Inter sono arrivate da Dembelé: consegnare palla a quest’ultimo era di fatto lo schema fisso di uno Xavi dedicatosi più a sbraitare contro arbitro e Var che ad adottare le adeguate contromisure. Inzaghi, però, ha costruito una vera e propria gabbia intorno a lui, con Dimarco in prima battuta costantemente aiutato da Bastoni e Mkhitaryan. Ma è la fase difensiva tutta che ha funzionato alla grande: l’intera squadra risultava partecipativa, attaccanti compresi.

Il tecnico piacentino ha azzeccato pure una mossa sulla carta rischiosa in difesa, rispolverando Stefan De Vrij assente da tre partite e in precedenza dimostratosi gravemente insufficiente. E invece ecco una prova straordinaria per l’olandese, che rende Lewandowski impalpabile. Un De Vrij così, non lo vedevamo dalla stagione tricolore. La ricomposizione del terzetto difensivo sulla carta titolare ha prodotto una difesa d’altri tempi, in tutti i sensi possibili. Già, perché non c’era soltanto una linea costantemente dietro la palla a rievocare l’antico “catenaccio” (a chi scrive, questo termine non provoca vergogna alcuna, anzi saperlo fare quando serve è una virtù), ma anche una prova collettiva da parte di tutti e tre alla quale non eravamo più abituati. Milan Skriniar è sembrato nuovamente quello della stagione passata, a suon di spallate, chiusure nell’uno contro uno e rabbia agonistica. Merito della fascia da capitano? Alessandro Bastoni, messo spesso in discussione nelle ultime settimane, è stato impeccabile e concentrato per tutta la durata del match. Alla faccia di chi dubita delle loro capacità: si tratta di giocatori forti, la questione è – come spesso accade a questi livelli – mentale e solo mentale.

Ripartire da qui, ripartire da Onana

L’Inter deve ripartire da questa mentalità prima che dal risultato. E continuare nel solco tracciato da queste scelte, portiere compreso, anzi stracompreso. André Onana lo scorso anno ha giocato pochissimo e quest’anno è stato impiegato in sole tre occasioni: normale un po’ di ruggine negli interventi, andrà via solo rimanendo in campo. Il camerunese ha fatto spiccare le sue doti di personalità e di comunicazione con l’intera difesa, oltre a garantire sicurezza nelle uscite meno che in una, quella che ha portato al gol annullato del Barcellona. Va benissimo così, Onana deve essere il portiere titolare perché ha 26 anni e per un portiere rappresentano l’età dell’oro; perché ha già grande esperienza internazionale; perché è stato preso per essere titolare. Fare diversamente non ha alcun senso.

Con la determinazione collettiva mostrata ieri, recuperare terreno in campionato non è poi così difficile. Il fulcro della questione sta proprio qui: si è trattato di una bella prova estemporanea dettata dalla grandezza dell’avversario e del palcoscenico, oppure può essere davvero la rinascita di un gruppo che si ritrova e si compatta attorno al suo allenatore? A Inzaghi e i suoi ragazzi onore e onere di rispondere, già da sabato contro il Sassuolo. Se in Champions volevamo soprattutto la prestazione, in campionato non c’è più tempo da perdere: vittoria obbligatoria. Con prestazione al seguito.

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