L’ANALISI – Inter, si rinasce così. Non è il momento dei palati fini


È una versione inedita dell’Inter, quella a cui stiamo assistendo dalla partita contro il Barcellona. Il gruppo di Inzaghi ha cambiato atteggiamento, sposandone uno più pragmatico, solido, umile, oseremmo dire realista. Già, perché quando le certezze vengono meno – e nell’ultimo terribile mese eccome, se sono venute meno – bisogna ripartire dalla semplicità, dalla concretezza. L’Inter sta accettando i suoi limiti, Inzaghi adesso sa che la sua squadra (almeno al momento) non può mostrare la versione deluxe autunno-inverno 2021 che tanto aveva collettivamente impressionato. Il tecnico piacentino è conscio, soprattutto, di una classifica che piange: adesso è dai punti che bisogna ripartire, perché saranno i punti a restituire l’autostima necessaria ad intraprendere un nuovo percorso.

Chiariamoci. L’Inter non ha difeso strenuamente come accaduto nel secondo tempo contro il Barcellona. Sarebbe stato grave se l’avesse fatto, poiché il Sassuolo non ha la qualità dei catalani; tuttavia, ha evitato di mostrare il fianco come successo nelle sconfitte più cocenti della stagione, quelle contro Lazio, Milan e Udinese. Ha accettato la lotta, ha accettato di difendersi, ha commesso anche diversi errori tecnici e pure in marcatura, come accaduto a Bastoni in occasione del gol di Frattesi: uno svarione simile a quello con protagonista Dybala una settimana fa. Bisognerà lavorarci. Onana, rete neroverde a parte, è stato però impegnato solo in un altro paio di occasioni. Dzeko lo ha candidamente ammesso nel post-partita: “Nello spogliatoio ci siamo detti che, in alcuni casi, non dobbiamo provare vergogna di metterci tutti dietro“. Perfetto. Capire i momenti delle partite ma soprattutto della stagione: questo deve fare una grande squadra. Forse è troppo tardi, il distacco in classifica è già troppo ampio? Possibile, ma meglio arrivarci tardi che non arrivarci mai.

Sì, poi c’è l’altro lato della medaglia: poche occasioni create. I gol mangiati di Lautaro e la doppietta di Dzeko, poco altro. Tutti, ad Appiano Gentile, sono consci che con una tale penuria in fase offensiva i grandi obiettivi sono preclusi. Ma anche il cinismo è una dote allenabile e pure ieri, con una maggiore lucidità sotto porta e nelle scelte applicate sugli ultimi 25 metri, l’Inter avrebbe potuto chiuderla prima. Ci ha pensato Dzeko, al termine di un primo tempo singolarmente terribile cui ha fatto da contraltare una ripresa giocata ad altissimi livelli. Sono le reti 100 e 101 del bosniaco in Serie A, preziosissime perché portano i tre punti dritti a Milano, ma anche perché aiutano l’Inter a “sopravvivere” in un momento tanto delicato quanto emergenziale causa assenze in attacco (Lukaku e Correa) e a centrocampo (Brozovic). Servirà anche l’aiuto dei tre giocatori attualmente in infermeria, per ritrovare brillantezza e pericolosità offensiva, ma intanto l’Inter ha il dovere di essere felice per una vittoria arrivata dopo l’enorme dispendio psicofisico dei 100 minuti contro il Barcellona.

No, non è il momento dei palati fini: è il momento in cui si lotta, tutti insieme, anche a costo di fare le barricate per ritrovare punti e quindi certezze. E non è un caso che, questa volta, una volta raggiunta dagli avversari sul pareggio l’Inter non sia crollata, riportandosi anzi in vantaggio senza isterie. Così si rinasce da squadra, facendo le cose all’unisono, che non significa soltanto attaccare, fraseggiare, pressare sempre e comunque. Significa adattamento, significa intelligenza, significa comprensione, significa trovare la strada giusta per vincere. Ecco, l’Inter ci è riuscita contro Barcellona e Sassuolo. Con gli stessi effettivi di Reggio Emilia andrà a lottare in Catalogna, laddove uscire con i punti è sempre difficile ma, in questo momento, assumerebbe tutti i crismi dell’impresa e dispiegherebbe di fronte ai nerazzurri un’autostrada libera per la qualificazione. L’Inter al Camp Nou potrà anche perdere, ma avrà l’obbligo di non interrompere – neanche in Catalogna – il processo di rinascita.

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