IL COMMENTO – Non bastano sentenze e intercettazioni. La Juve non perde(rà) il vizio


Quando a dicembre l’Inter perse a Torino immeritatamente, la sconfitta fu più facile da digerire. Fu più “sano”. Perdere e pensare ai tuoi errori commessi, alle occasioni sbagliate, alle disattenzioni difensive e a tutto ciò che non ha funzionato è ciò dovrebbe essere normale, nel calcio.

E invece quando hai di fronte questa avversaria, quando si scrive l’ennesimo capitolo di una vergogna a rigorose tinte bianconere, parlare di demeriti propri è più difficile. Certo, può risultare utile, è ciò che l’allenatore dovrebbe fare con i propri ragazzi. Ma sai che si tratta di una partita che non doveva prendere questo andazzo, non l’avrebbe preso se si fosse rispettata una delle regole base: a calcio si gioca con i piedi. E con la Juventus, in particolare con Rabiot, da due settimane funziona diversamente. C’è un regolamento apposito, nuovo, condito dalla faccia tosta di parlare di un’inesistenza di immagini chiare: la presa in giro nella presa in giro, la meta-presa in giro, questa volta messa in atto su un fallo di mano che è addirittura doppio.

Dopo è diventato più facile, quando la gara si è incanalata esattamente nella direzione voluta dall’allenatore avversario: difendere il vantaggio. Ciò non cancella le pecche dell’Inter, che ha attaccato e difeso male, risultando imprecisa in entrambe le fasi. Si sono sentite le assenze di Skriniar in marcatura, di Bastoni in impostazione e di Gosens come ricambio, così come si è sentita la stanchezza. Bisogna dirlo, per correttezza. Come per correttezza bisogna sottolineare le 9 sconfitte in 27 partite, dato inaccettabile.

La compensazione tutta italiana, la morale a metà e un silenzio inaccettabile

In questa sede, però, siamo stati i primi a criticare le scelte e la gestione di Simone Inzaghi. Lo abbiamo fatto anche aspramente, perché l’onestà intellettuale ci appartiene. Ma adesso siamo di fronte a un film già visto. Un film che sa tanto di “compensazione” quando da compensare non c’è un bel niente. Anzi, la compensazione dovrebbe essere attuata a favore degli altri, di chi viene regolarmente danneggiato da un sistema che esiste dal 1897 o giù di lì. Il -15 alla Juventus è forse destinato ad essere tolto, visto il clima vergognoso e tutto italiano creatosi, ma non è tutto. Per non farci mancare nulla, l’aria è chiara: bisognerà pure risarcirli. Per cosa, non si sa.

E bisogna pure sopportare le patetiche scenate, la ridicola morale del loro allenatore. La morale a metà. La morale di chi afferma di essere “signori” e di accettare le decisioni altrui, che è poi la morale di chi da 17 anni espone due scudetti revocati, di chi si assegna deliberatamente i 15 punti, di chi conteggia i punti persi per errori arbitrali nonostante poi si dica che degli arbitri non si parla, di chi ogni volta che perde con l’Inter si fa puntualmente buttare fuori inventandosi “calci” subiti dagli avversari, di chi abbandona il campo in polemica con l’arbitro nel momento in cui l’arbitro permette alla sua squadra di giocare a volley e portarsi a casa tre punti, sporchi come da tradizione. Una tradizione che è ormai scandita da tutti gli scandali possibili e immaginabili, articolata da intercettazioni, sentenze, penalizzazioni e tutto il materiale che serve a scatenare la vergogna in chi è capace di provarla, ma che non basta a far cessare una riprovevole sistematicità, che è ancestrale e radicata nella storia di questo club.

Già, bisogna sopportarle anche se non si dovrebbe. Perché? Perché l’Inter manda solo il proprio allenatore a far sentire il disappunto del club, a far notare a chi fa finta di non notare, a chi si appella alla fantomatica inesistenza di immagini chiare, a chi da anni strizza l’occhio alla malafede e con la malafede ci convive. Poi però, quando si passa il turno a Oporto e c’è da ricevere gli elogi e i complimenti, eccoli tutti davanti alle telecamere: Zhang, Marotta e chi più ne ha, più ne metta. Sarebbero questi, invece, i momenti in cui mostrare il proprio volto, in cui far sentire il pensiero dell’Inter e cosa è Inter, che è cosa non è Juve. Probabilmente, però, è più facile “spendere” il volto di chi ormai si si prende tutte le critiche. Le sue, meritate e sacrosante. Ma anche quelle degli altri, che lo sarebbero altrettanto, ma gli altri hanno trovato un comodo “scudo” di nome Inzaghi.

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