Antonio Conte all’Inter? Tre pro e tre contro di un possibile (e clamoroso) ritorno


Partiamo da un dato oggettivo, da una sensazione e da una voce. Il dato: dall’altra sera, Antonio Conte è entrato ufficialmente nella lista degli allenatori liberi dopo la risoluzione consensuale con il Tottenham. La sensazione: a meno di un finale di stagione ad altissimi livelli, Simone Inzaghi sembra destinato ad interrompere il legame con l’Inter a giugno. Troppe le voci che si rincorrono, troppa l’insoddisfazione della società per il rendimento deficitario in campionato e poca la protezione pubblica dimostrata dal club, per non pensare ad un tecnico parecchio in bilico. La voce: c’è stato un contatto esplorativo fra l’Inter e Conte per sondare la possibilità di un possibile ritorno in nerazzurro in vista della prossima stagione.

Posto che può ancora succedere di tutto e parliamo comunque di una possibilità ad oggi ancora remota, proviamo a dire la nostra sul possibile ritorno del tecnico salentino all’Inter, a due anni di distanza dall’addio. Un coming-back che avrebbe del clamoroso, pensando a come le parti si sono lasciate nell’estate 2021 e alle turbolenze che ne hanno caratterizzato il rapporto. Forniremo tre pro e tre contro all’operazione, tre “perché sì” e tre “perché no”. Partiamo da questi ultimi.

Perché no

1) Incoerenza di base

Riavvolgiamo il nastro: Conte lascia l’Inter per incompatibilità di vedute con la proprietà. Lo stesso tecnico, qualche giorno dopo, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport ammette che quello di Suning non era più il progetto per il quale era stato chiamato e che avevano concordato insieme. Nel mezzo c’è stata una pandemia, vero, che però ha colpito l’Inter più di ogni altra squadra (e infatti i nerazzurri ancora fanno i conti con l’inversione di programmi e la regressione delle ambizioni di Zhang e della Cina). Il programma originario era quello di avvicinarsi alla Juventus gradualmente, poi di vincere il campionato e successivamente provare a competere in Europa. Il terzo step, che dovrebbe essere normalmente fisiologico, salta: una squadra che vince lo Scudetto, in estate aggiunge qualche tassello per provare a fare un passo in avanti. L’Inter, invece, ne fa due indietro, cedendo Hakimi e Lukaku, incassando una cifra record e reinvestendo una minima parte. La priorità non è più vincere, ma recuperare denaro. Conte non lo accetta e va via. Oggi, in società, nulla è cambiato: Zhang è ancora al timone, Marotta e Ausilio occupano le posizioni di potere. E allora, perché ritornare sui propri passi?

Da non sottovalutare, inoltre, che la stessa dirigenza non si disperò affatto, al momento dell’addio di Conte. Anzi, garantì al salentino una ricca buonuscita: se la decisione fosse stata unilaterale, questa non sarebbe stata concessa. I rapporti, infatti, si erano deteriorati già al termine della prima stagione; i più attenti ricordano, inoltre, che nel secondo anno di Conte si creò una sorta di bunker ad Appiano Gentile. Se oggi, nelle cronache quotidiane, leggiamo praticamente sempre di Marotta e Ausilio presenti alla Pinetina, quell’anno invece la presenza fissa era solo quella di Zanetti. Troppo palese, la differenza, per non pensare a delle precise indicazioni di Conte. E quindi la possibile accusa di incoerenza non sarebbe solo rivolta all’allenatore, ma anche alla società, che riteneva la personalità dell’ex Tottenham troppo ingombrante. E qui veniamo al secondo punto.

2) Carattere e precedenti

Proviamo a dare per assodato che Conte accetti, questa volta, la nuova linea societaria: la vittoria sarebbe un’eventualità, non l’ambizione che muove gli intenti di ogni componente societaria. Difficile pensarlo, non impossibile. Ma siamo sicuri che poi l’allenatore mantenga la stessa serenità per tutto l’arco della stagione? Molte volte, nella carriera di Conte, abbiamo assistito a sfoghi non immediati, ma avvenuti dopo qualche mese. Ricordate l’armistizio di Villa Bellini? L’addio era veramente a un passo.

Antonio, inoltre, dà il meglio quando tocca con mano la possibilità di vincere, e la parentesi al Tottenham non può essere casuale in questo senso. La storia dice che, in ogni società in cui è passato, Conte si è lasciato male, o comunque non ha gradito la programmazione del club: è successo alla Juventus, al Chelsea, all’Inter e pure oggi al Tottenham. In questo periodo, la società nerazzurra vive delle quotidiane ristrettezze economiche. Viene da pensare che non sia esattamente l’allenatore giusto, se pure un moderato come Inzaghi ogni tanto perde la pazienza. Figuriamoci uno dal carattere focoso come Conte.

3) Pedigree europeo

Se nel 2019 Conte trovava un’Inter affamata di vittorie in Italia e ritornata da un solo anno nel palcoscenico della Champions League, oggi il leccese avrebbe a che fare con una creatura che in campo nazionale ha fatto passi indietro, ma in ambito europeo è cresciuta. Come minimo, ripartirebbe dai quarti di Champions League, non da un’eliminazione al girone. Il percorso europeo di Conte parla chiaro, racconta di cadute inaspettate e di partite con lo spartito sempre uguale. E proprio i quarti di finale sono il massimo risultato della sua carriera in Champions, raggiunto peraltro una sola volta e alla prima esperienza nella competizione, alla guida della Juventus nella stagione 2012-13. L’impressione, in questo senso, sarebbe quella di un passo indietro.

Perché si

1) Voglia di riscattoe di Italia

Da quando allena squadre di grande calibro (Juventus, Chelsea, Inter, Tottenham), l’esperienza appena conclusa è la prima in cui Conte non porta a casa titoli. Conosciamo bene quanto l’autostima e l’orgoglio di Antonio siano alti, e quindi sappiamo quanto la ferita sia sicuramente profonda: sarà sicuramente voglioso di riscattarsi e di far capire di non essere un allenatore in declino. Ritornare all’Inter, in questo caso, potrebbe essere una motivazione anche personale: a Milano ha vinto uno Scudetto, cosa che Inzaghi l’anno scorso e quest’anno non è riuscito a fare. Riprovarci potrebbe essere un grosso stimolo, in un ambiente che conosce bene, dove ha già lavorato e che – nonostante una tifoseria spaccata nei suoi riguardi – sa sempre apprezzare l’impegno e la professionalità, come dimostra il sostegno incondizionato garantitogli della Curva Nord per due anni. Non era scontato, visto l’ingombrante passato da storico capitano della Juventus.

Da non tralasciare, inoltre, il contesto familiare. Più volte in questi mesi Conte ha ribadito di soffrire la lontananza della famiglia, che è rimasta in Italia. Lavorare vicino ai suoi cari significa essere felici e quindi lavorare meglio, anche con un ingaggio inevitabilmente inferiore a quello che percepiva nella ricchissima Premier League: dai 18 attuali, Conte potrebbe scendere anche di 10 milioni. E ne è consapevole, perché sa che in Serie A nessuno può permettersi quelle cifre. Chi può farci un pensierino sono Inter, Juventus (ma Allegri è al momento saldo), Milan (Pioli sembra intoccabile) e Roma.

2) Ricostruire una mentalità

Il carattere di Conte è croce, ma pure delizia. Porta tutte le componenti societarie al limite, ma se prendi Conte sai di prendere un allenatore che lascia tutto quello che ha sul campo, che migliora i calciatori, che ne alza il livello e di conseguenza il valore di mercato. Basti pensare a De Vrij, Bastoni, Barella, Brozovic, Hakimi (acquistato a 40 e venduto a 70), Lukaku (acquistato a 75 e venduto a 115) e tutti i giocatori valorizzati durante il biennio. Oggi, a fronte di qualche incremento, ci troviamo di fronte a una generale svalutazione di mercato degli asset nerazzurri.

Inoltre, già nella prima esperienza all’Inter ha dimostrato di saper costruire una mentalità: la sua squadra sbagliava raramente l’approccio, ma soprattutto era solida e sempre attenta, concentrata, sul pezzo, prolifica davanti e granitica dietro. Cosa che, come è evidente, non è sempre successa con Inzaghi, e mai come in questo periodo ce ne siamo accorti in campo nazionale.

3) Pedigree nei campionati

Vero, in Europa lascia parecchio a desiderare, ma in campionato – e in particolare nel campionato italiano – Conte ha sempre dimostrato di essere una garanzia. Cinque tornei giocati alla guida di top club, quattro Scudetti e un secondo posto a -1 dalla prima. Quest’anno l’Inter sta sognando con il percorso in Champions League, ma la situazione in Serie A è desolante e sappiamo che, per tutti gli Interisti, lo Scudetto lasciato al Milan l’anno scorso è ancora un enorme rammarico. La seconda stella è ancora lì, in attesa di essere cucita sulle maglie dell’Inter. Lo stesso Marotta ha ammesso che “la priorità deve essere sempre il campionato”, e mai messaggio fu più calzante per descrivere la carriera di Conte.

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