L’ANALISI – Spettacolo a San Siro! E quante differenze con l’anno scorso di questi tempi…


Lo sapevamo noi tifosi, lo sapevano tutti: la Fiorentina era un avversario ben più impegnativo rispetto a Monza e Cagliari, battute facilmente nelle prime due giornate di campionato. Se poi vai a guardare i precedenti a San Siro sotto la gestione Simone Inzaghi contro i viola, ovvero un pareggio e una sconfitta, il leggero timore dei tifosi nerazzurri era più che giustificato. E invece no, la risposta è stata magnifica: che spettacolo a San Siro!

La fase iniziale in cui la Fiorentina ha imposto il proprio palleggio è servita all’Inter per studiarla, per coglierne i punti deboli, gli spazi concessi in fase difensiva che successivamente hanno consentito ai vicecampioni d’Europa di tagliare a fette i meccanismi oliati di Vincenzo Italiano. Minuto dopo minuto, la Beneamata è salita in cattedra con la sua nuova convincente versione, più verticale e meno di palleggio, più volta all’attacco immediato e meno alla ricerca ragionata delle occasioni. E così è arrivato il primo gol in Italia di Marcus Thuram: recupero palla, cross di Dimarco, incornata di testa da bomber puro, da uno che bomber non è ancora ma che potrà diventarlo.

Il francese ha disputato una partita magnifica, aggiungendo alla rete anche lo splendido assist per il 2-0 di Lautaro e poi, non contento, anche il rigore procurato e poi trasformato da Calhanoglu. L’intesa con il Toro cresce ed è merito di Tikus, certo, ma con Lautaro, con questo Lautaro, è pure troppo facile trovarsi a meraviglia. Sono 5 gol in 3 partite e sì, il numero 10 si erge a capocannoniere della Serie A, ma per questa Inter è molto di più. È trascinatore, motivatore, uomo simbolo. Come quando, dopo l’assist di Cuadrado, chiede a San Siro di trasformare i fischi in applausi all’indirizzo del colombiano e poi posa nello spogliatoio, insieme a lui, con la fascia da capitano ancora sul braccio. Come una seconda pelle.

Quante differenze con l’anno scorso di questi tempi…

Ma vi ricordate il clima attorno all’Inter e nell’Inter, l’anno scorso di questi tempi? Dopo tre giornate, i nerazzurri avevano disputato una brutta partita a Lecce nonostante la vittoria finale e poi, dopo la facile vittoria con lo Spezia, era arrivata la prova terribile a Roma con la Lazio (3-1 per i biancocelesti). L’Inter aveva segnato 6 gol contro gli 8 di quest’anno, ma soprattutto ne aveva subiti già 4 e potevano essere molti di più, a giudicare dai costanti sbandamenti difensivi.

Oggi l’Inter è a punteggio pieno e ha subito 0 gol (non le accadeva dal 1966), ma non è questo il fulcro del discorso dopo tre giornate. Non può esserlo. La chiave sta nell’atteggiamento, nella compattezza ritrovata, nelle sbracciate dell’anno scorso che diventano incitamenti, nel nervosismo cronico che si fa consapevolezza della propria forza, nella presunzione immotivata trasformata in rispetto per l’avversario.

Un anno fa l’Inter era reduce da un “trauma” come lo Scudetto consegnato al Milan e quest’anno il copione poteva ripetersi, vista la sconfitta arrivata in una finale di Champions League giocata alla pari contro il Manchester City. Già, ma è in quel “alla pari” che si annidano le convinzioni ritrovate, la positività diffusa nell’ambiente, la voglia di fare bene il proprio lavoro e di migliorarsi sempre. Se 365 giorni fa c’era uno Skriniar con la testa altrove (poi avremmo capito il perché…), un De Vrij irriconoscibile, un Bastoni e un Barella nervosi, un Brozovic che ricordava le sue versioni peggiori, quest’anno c’è un Darmian infallibile, un De Vrij ritornato quello dei giorni più belli, un Bastoni e un Barella in versione leader, un Calhanoglu da regista capace di dare il meglio in entrambe le fasi.

C’era, poi, anche un Romelu Lukaku (ri)approdato a Milano con l’intento di riportare lo Scudetto che se n’era andato, di fatto, insieme a lui. Il belga aveva segnato subito dopo un minuto, prima di infortunarsi e di ritornare in forma solo a primavera. Quest’anno non c’è nessuno a cui aggrapparsi con la speranza di riacciuffare un passato felice, c’è semplicemente un collettivo da cui attingere con dei leader indiscussi, certo, che si basa però su un impianto di gioco collaudato e fondato da Simone Inzaghi, giunto alla terza stagione. Chissà che il nuovo tradimento del belga, questa volta, non possa rivelarsi la sliding door della stagione. A livello tecnico, ma anche di motivazioni per tutti coloro che di lui si erano fidati, Lautaro su tutti. E le parole del capitano dopo la partita di ieri confermano questo dolce sospetto…

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