L’ANALISI – L’Inter scopre i suoi punti deboli. E non è detto sia un male


Quando tutta la stampa e una nazione intera, fra il serio e le gufate multiple, ti dà già per campione d’Italia, come squadra indiscutibilmente migliore delle altre arrivati neppure a fine settembre, devi essere forte abbastanza per non cadere nel tranello. Devi rimanere sulla terra, devi recepire le dimostrazioni di forza sin qui mostrate ma non derogare mai dall’umiltà, perché è con quella che si vincono i campionati. Eccolo, allora, il primo punto debole dell’Inter: dopo il derby stravinto e i tanti complimenti incassati, qualcosa è cambiato.

Certo, la stanchezza e i primi appuntamenti ravvicinati (Real Sociedad, Empoli, Sassuolo), ma l’indizio è troppo grande per non pensare che si tratti di qualcosa di mentale. I giocatori di Simone Inzaghi si sono fatti “infinocchiare” dalle belle parole e hanno abbassato inconsapevolmente la guardia, pensando che in un modo o nell’altro la vittoria sarebbe arrivata. È successo con l’approccio svagato (eufemismo) in Spagna, e pure a Empoli i ritmi di gioco si sono abbassati, la manovra è stata meno corale e più sfilacciata. In Toscana ci ha pensato Dimarco con una prodezza, con l’ottimo Sassuolo di Dionisi non è bastato, anche a causa di una paperaccia di Sommer.

L’Inter scopre i suoi punti deboli

Sia chiaro, l’Inter ha disputato un buon primo tempo, ma comunque con un rendimento inferiore rispetto a quanto mostrato in precedenza. I nerazzurri sono stati imprecisi in diverse occasioni, specialmente nella qualità dei cross in area, e nel secondo tempo hanno palesato tutti i propri difetti: la squadra di Inzaghi ha scoperto i suoi punti deboli.

Uno su tutti, una rosa non così perfetta come era stata dipinta, specialmente per quanto riguarda il reparto avanzato. Perché Lautaro e Thuram sono due sicurezze, ma dietro di loro ci sono pur sempre due 35enni inclini agli infortuni, tanto per l’età quanto per predisposizioni personali: Arnautovic ha già dato forfait fino a novembre, Sanchez è indietro di condizione, sebbene preservi alcuni lampi di classe dovuti alla sua immensa qualità. E così Inzaghi si trova costretto a spremere un Lautaro palesemente stanco dagli impegni con le nazionali e dalle partite ogni tre giorni, il giocatore ne risente, sbaglia cose che di solito non sbaglia e tutta la squadra fa fatica, vista l’importanza del numero 10.

A proposito di giocatori chiave, Nicolò Barella non è ancora ai suoi livelli. Ha perso il duello contro i centrocampisti del Sassuolo e, in generale, non ha ancora mostrato in questa stagione quell’elettricità, quella capacità di essere padrone del campo, quelle “sgasate” alle quali ha abituato tutti i tifosi nerazzurri sin dal suo arrivo. La ripresa dell’Inter dopo questa prima sconfitta stagionale chiama in causa i leader dello spogliatoio: saranno loro a dover prendere in mano la squadra per rialzarsi tutti insieme, e Barella è indiscutibilmente annoverato in questo gruppo.

Ci sono, poi, alcune scelte discutibili da parte di Simone Inzaghi. A parte uno stremato Mkhitaryan dall’inizio in luogo di Frattesi, i cambi in corsa non hanno convinto: Thuram era l’unica spina del fianco nella difesa di un Sassuolo che nel secondo tempo ha obiettivamente meritato la vittoria, ed è stato sostituito per Sanchez. Buttare il cileno nella mischia ci stava, ma forse sarebbe stato più utile rimpiazzare Lautaro o cambiare modulo passando alle tre punte. Allo stesso modo, il cambio in difesa non ha convinto: De Vrij è entrato male, sostituendo peraltro una risorsa offensiva come Bastoni. Pavard, probabilmente, avrebbe offerto più consistenza anche nella ricerca del gol.

Dopo un inizio stagionale entusiasmante, quindi, l’Inter dovrà affrontare il primo brusco stop, peraltro casalingo. Dal modo in cui lo farà si capirà se la squadra di Inzaghi può realmente ambire al tricolore. È stata agganciata dal Milan: sarà utile che i nerazzurri tengano la guardia altissima, pur tenendo bene in mente il 5-1 inflitto ai rossoneri nel derby per non disperdere la fiducia, tassativamente da non tramutare in arroganza. Essersi scoperti “vincibili” non è necessariamente un male. La Beneamata dovrà rispondere con forza nelle tre partite che ci separano dalla nuova sosta: la trasferta di Salerno e quella a Milano contro il Bologna, con in mezzo la gara da non sbagliare contro il Benfica in Champions League, a San Siro. Forza, coraggio, testa alta e rialzarsi immediatamente.

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