L’Inter accarezza il narcisismo e sprofonda nell’autolesionismo: così non si vince lo Scudetto (neanche quest’anno…)


Per 13 minuti, sembrava che Inter-Benfica non fosse mai finita. Quel secondo tempo indimenticabile, vissuto col sottofondo della tifoseria migliore del mondo a cantare incessantemente, si è protratto per la fase iniziale della partita con il Bologna. I nerazzurri hanno approcciato alla grande, mettendo alle corde gli emiliani, andando in rete due volte, prima con lo stacco di Acerbi e poi con la decima prodezza in campionato di un Lautaro sugli scudi. Il problema è che queste premesse non addolciscono la pillola che intorno alle 17:00 l’Inter ha dovuto ingoiare, anzi. La rendono infinitamente più amara.

La squadra di Simone Inzaghi ha dilapidato altri due punti sul proprio campo, arrivando a cinque totali se contiamo anche la sconfitta con il Sassuolo. Con i neroverdi, tuttavia, l’impressione netta era stata quella di un vistoso calo fisico accusato nel secondo tempo che era finita con lo sfilacciare la squadra. Impressione sbagliata, a questo punto. Perché l’Inter ci è ricascata e questa volta non si può parlare di gambe pesanti. Non si può perché, in quel caso, non sfoderi approcci simili, non dai l’idea di poter vincere anche 6-0. Il problema manifestato in Inter-Bologna è stato di tenuta mentale, non fisica. Solo dopo vengono le partite ogni tre giorni, solo dopo vengono le scelte di formazione, ancora dopo quelle relative ai cambi e alla fretta con cui, per esempio, Inzaghi ha tolto dal campo Thuram per inserire un evanescente Sanchez.

Riecco i vecchi difetti: così non si vince lo Scudetto

L’Inter ha palesato i limiti che l’hanno caratterizzata negli ultimi due anni, in particolare nel primo della gestione Inzaghi. È una squadra che finisce col piacersi troppo, che si specchia in se stessa, accarezzando il narcisismo e sprofondando nell’autolesionismo. Come definire altrimenti la tendenza di un gruppo che arriva alla seconda sosta del campionato secondo in classifica, dietro una squadra che alla ripresa dalla pausa precedente ha polverizzato per 5-1?

I ragazzi di Inzaghi si erano convinti, con quell’avvio e quell’entusiasmo naturale, di poter fare il Bologna a fette. Ma hanno trovato un intoppo sulla propria strada, sulle proprie convinzioni: la sciocchezza di Lautaro che ha portato al 2-1 e quindi a una partita sorprendentemente riaperta. Da lì in poi, l’Inter ha letteralmente smesso di giocare, arrendendosi a un’inerzia della partita girata a proprio sfavore e facendo niente per invertirla di nuovo, nonostante la situazione di vantaggio. È successo già nel primo tempo, subito dopo la rete subita, ma cosa ancor più grave l’approccio al secondo tempo è stato pessimo, con il gol di Zirkzee come naturale conseguenza di un atteggiamento inaccettabile.

Essere squadra da Scudetto non passa soltanto dal disporre di una rosa forte e completa (che poi, discutiamone, perché in attacco oltre Lautaro e Thuram c’è il nulla…), ma significa essere forti nella testa e l’Inter, una volta in più, non lo è stata. Sono riemersi, dicevamo, i vecchi difetti della gestione Inzaghi: incapacità di reagire all’imprevisto e di riuscire a ottenere il bottino pieno anche quando la brillantezza fisica non è al meglio (non può esserlo, in periodi di partite così fitte), quando non c’è esaltazione del gioco e della manovra collettiva. Abbiamo lodato, per esempio, l’Inter che ha vinto comunque a Empoli a fronte di una prova non esaltante, o addirittura l’Inter che – dopo una prestazione pessima – è riuscita a pareggiare a San Sebastian. Perché questo fa una squadra forte: vince lo stesso o quanto meno limita i danni. Ai nerazzurri non è riuscito contro il Sassuolo, quando si poteva almeno pareggiare e non perdere, e non è riuscito neppure contro il Bologna, con due punti persi in maniera inaccettabile, sciocca, peccaminosa.

Non è assolutamente il caso di disperarsi, comunque, anche se c’è da affrontare una lunga sosta sorprendentemente al secondo posto. Il campionato è giunto soltanto all’ottava giornata e la classifica non può essere oggi il principale problema, con così tanto da giocare. L’Inter, però, deve lavorare sulla testa e ripetere a se stessa il mantra di Marotta: “Il campionato, quest’anno, è la competizione principale.

Nulla da togliere alla Champions League, che l’anno scorso ci ha riservato emozioni indelebili e che rimane il torneo calcistico più bello e nobile. Ma ci sono contesti a cui dar conto, situazioni irripetibili, una realtà da guardare in faccia. Il primo ad esserne consapevole dovrebbe essere proprio Simone Inzaghi, al quale è stato riconosciuto l’ottimo lavoro dello scorso anno in Europa, i quattro titoli nazionali portati a casa durante la sua gestione, ma su cui pende sempre quel peccato originale dello Scudetto perso al primo anno e mai vinto in carriera. Non farcela neanche stavolta, magari cedendo di nuovo al Milan, quando sai già che a fine stagione ricorderai un derby vinto 5-1, sarebbe veramente imperdonabile.

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