“Ha controllato la partita a centrocampo con buoni passaggi e ha difeso bene. Ha anche dimostrato spesso buoni movimenti per rendersi disponibile nel ricevere palla”. Sono le parole con cui gli osservatori dell’Uefa hanno motivato il riconoscimento di Man of the Match, assegnato a Piotr Zielinski, al termine della sfida con il Lipsia. Un riconoscimento che lascia il tempo che trova, ma che contemporaneamente restituisce la realtà di un calciatore intelligente e con qualità di palleggio ben oltre la media. Lo conferma la precisione dei passaggi (93% di tocchi riusciti) e il fatto che abbia creato tre grandi occasioni. Eppure, il polacco è relegato nel solco di un dualismo da cui, nonostante alcune ottime prestazioni, non è riuscito ancora ad uscire.
La gestione di Simone Inzaghi, per il momento, è fin troppo chiara. Zielinski è l’alternativa logica a Mkhitaryan. Per quanto l’ex centrocampista del Napoli abbia particolari doti tecniche e sappia dettare i tempi di gioco, per l’allenatore è più una mezzala che un regista. E l’armeno è l’elemento del terzetto che più gli somiglia. Tuttavia, per questioni anagrafiche – Mkhitaryan compirà 36 anni il prossimo gennaio – e visti i tanti impegni, è necessario che i due possano essere intercambiabili. Per ora, Inzaghi ha individuato in Zielinski l’uomo di coppa: è partito dal primo minuto in quattro partite su cinque, entrando soltanto per l’ultima mezzora contro lo Young Boys perché non era fisicamente al meglio. In campionato, invece, il polacco è stato inserito nell’undici titolare soltanto in due occasioni, contro la Juventus e il Venezia, mentre era in panchina ieri al “Franchi” di Firenze. Così, a fronte di 14 presenze totalizzate finora, sono soltanto 630 i minuti disputati per il capitano della nazionale polacca. Questa l’analisi fatta dalla Gazzetta dello Sport.
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