Il giorno della sua prima finale di coppa, Henrikh Mkhitaryan condivideva il campo con nomi da scioglilingua come Sargis Hovsepyan, Gevorg Ghazaryan e il mister Armen Gyulbudaghyants. Lui aveva 18 anni ed era già il numero dieci del Pyunik Erevan, dove aveva cominciato a collezionare trofei da sistemare sulla mensola di casa. La prima l’ha sollevata ad Abovyan, al Tumasyan Stadium: un impianto in erba vera, con una tribuna appena coperta. Da allora, il viaggio è continuato senza soste.
Mkhitaryan, numeri
Quella contro il PSG sarà la ventiseiesima finale della sua carriera, un percorso impressionante che lo ha visto protagonista in quasi ogni club dove ha giocato. Inzaghi lo ha definito l’uomo delle finali, e i numeri gli danno ragione: 16 trofei vinti su 25 finali giocate. Se si aggiungono i campionati, il bottino sale a 24 titoli totali, con solo due eccezioni: nessuna coppa con Metalurg e Arsenal.
Le sue prime tre vittorie parlano armeno: due Supercoppe e una Coppa nazionale con il Pyunik, quest’ultima decisa da un suo gol oltre il novantesimo. A 15 anni già percepiva uno stipendio, a 17 l’esordio in prima squadra, a 18 la prima coppa da titolare. A 20, il salto in Ucraina con il Metalurg Donetsk, club poi scomparso a causa della guerra nel Donbass e delle tensioni politiche.
Nel 2010 perde la finale di Coppa d’Ucraina contro il Tavrija Sinferopoli (3-2), ma in estate passa allo Shakhtar. Sotto Mircea Lucescu diventa una macchina da titoli: cinque finali vinte su cinque, tra Coppe e Supercoppe ucraine, e tre campionati consecutivi. Le vittime? Dinamo Kiev, Metalurg e Chornomorets.
In Germania, con il Dortmund, alza solo la Supercoppa del 2014 (gol incluso), ma perde tre finali di Coppa contro il Bayern. Va meglio al Manchester United: tre vittorie su quattro, inclusa l’Europa League 2017 contro l’Ajax, con José Mourinho in panchina. Un sodalizio che si rinnoverà a Roma, ma prima altre due finali perse tra Red Devils e Arsenal.
In Italia trova nuova linfa: con la Roma di Mourinho conquista la Conference League 2022, primo trofeo giallorosso dopo 14 anni. All’Inter ha già aggiunto due Supercoppe e una Coppa Italia, anche se in quest’ultima è rimasto in panchina. Ha perso la Supercoppa a Riad e la finale di Champions 2023, ma a Monaco avrà l’occasione di riscrivere la storia: in caso di vittoria, diventerebbe il secondo giocatore a vincere Champions, Europa League e Conference League, dopo Emerson Palmieri. Una carriera costruita finale dopo finale. E ora, la numero 26.
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