MERCATO – L’Inter mette 100 milioni sul piatto: dopo Bonny, obiettivo Leoni. I dettagli

C’è un’Inter che cambia pelle, che abbandona il passato di conti tirati e rincorse al bilancio per affacciarsi a un futuro in cui si osa. E non è solo un’impressione: sotto la guida solida (e silenziosa) di Oaktree, il club nerazzurro si sta trasformando. In America, dove la squadra sta svolgendo la tournée tra West Coast e Charlotte, la nuova Inter non si limita a macinare chilometri e minuti nelle gambe, ma dà forma concreta a un progetto ambizioso e — diciamolo — finalmente aggressivo sul mercato.
Non si tratta di sogni: si tratta di numeri. L’Inter ha già investito 70 milioni prima di arrivare a luglio. Se arriveranno anche i 24 milioni per Ange-Yoan Bonny, la cifra lieviterà a quota 94,5 (compresi Zalewski e i bonus di Henrique e Bonny). A quel punto, la mitica soglia dei 100 milioni sarà più che un’ipotesi: un segnale forte, chiaro, identitario. Un cambio di rotta che il tifoso interista riconosce subito — e apprezza.

Gioventù, coraggio e… Leoni

Sì, perché l’Inter non spende a casaccio. Anzi, costruisce. E lo fa guardando al futuro: Sucic (14 milioni) è già una piacevolissima sorpresa, Henrique (23 milioni) deve solo ambientarsi, Zalewski (6,5 milioni) sarà il tuttofare che Inzaghi ama. Bonny, che a breve si unirà alla comitiva americana, è un altro tassello “futuribile” che però può dare subito profondità alla rosa.

E poi c’è il colpo grosso in arrivo: Giovanni Leoni, il difensore classe 2006 del Parma, cresciuto sotto gli occhi di Chivu. È lui il nuovo obiettivo principale per rinfrescare una retroguardia che inizia ad avere qualche primavera sulle spalle. Il Parma lo blinda, lo valuta già almeno 30 milioni, ma l’Inter ci lavora con pazienza — e magari con l’idea di lasciarlo un altro anno in prestito in Emilia. Una mossa da grande società, che programma e non improvvisa.

Cessioni? Sì, ma senza ansia

Le cessioni arriveranno, certo. Fa parte del gioco. Bisseck potrebbe partire per 30-40 milioni, Stankovic per una decina, e resta da decifrare il rebus Calhanoglu. Ma l’Inter di oggi non è più costretta a vendere per comprare. Ora compra, poi valuta chi può salutare. È una rivoluzione culturale che non può passare inosservata: per chi ha vissuto gli anni del braccino corto, tutto questo ha il sapore della riscossa.

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