Mattia Grassani ha parlato al Corriere dello Sport dell’affare Lookman. “La sentenza Diarra avrebbe, secondo alcuni, attribuito ai calciatori massima libertà di svincolarsi dal club di appartenenza. In realtà, credo che la lettura sin qui data alla portata della pronuncia della Corte sia, oltre che parziale, anche superficiale: la decisione emessa sul caso, infatti, non ha liberalizzato né legittimato le dimissioni in ambito sportivo”.
Le parole di Grassani
“Nella fattispecie attualmente in esame Lookman – stando, almeno, alle notizie reperibili dagli organi di stampa – non ha maturato alcuna giusta causa, meno che mai il diritto per interrompere il contratto. A tale fine, nessun rilievo può essere attribuito alla promessa orobica che, per quanto consta e a prescindere dal suo contenuto, non è stata mai formalizzata su un documento contrattuale né, tantomeno, depositata presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A. A fronte di ‘dimissioni’ – o, più correttamente, di recesso unilaterale – l’anglo-nigeriano sarebbe tenuto, personalmente, a corrispondere un congruo, ed onerosissimo, risarcimento danni in favore dell’Atalanta (oltre a rispondere, sul piano disciplinare, qualora il contratto di lavoro in essere si trovi ancora nel periodo cd. ‘protetto’). Pertanto, in siffatto contesto, appare difficile che il calciatore, nei prossimi giorni, giunga, effettivamente, a forzare la mano del proprio rapporto con gli orobici, così come che una società terza induca, raggiungendo lo scopo, l’attaccante a recedere dal contratto: il trasferimento, conclusivamente, si farà se tutte le parti – calciatore, club cessionario e Atalanta – troveranno una soluzione di comune gradimento”.
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