Louis Van Gaal: “Conte sa trasmettere la sua filosofia ma in partita deve stare più calmo”


L’osservatorio privilegiato di Louis Van Gaal. Il tecnico olandese, che avrebbe voluto allenare in Italia e c’è andato vicino col Milan (“Venne Braida e voleva che firmassi subito ma non c’erano le condizioni”), segue da vicino la Serie A. La sua presenza a Castiglion Fiorentino in provincia di Arezzo, qualche settimana fa per il Premio Internazionale Fair Play-Menarini, gli ha fatto sentire ancor più vicino il nostro calcio. “Conte è bravo – dice – a trasferire la propria filosofia di gioco, sebbene in partita sia troppo emotivo. Restare freddi aiuta ad analizzare meglio le situazioni, migliorerebbe la sua capacità di leggere quanto accade. Pure a me talvolta è accaduto”.

Un nervo scoperto rimane quando si parla di nerazzurro, ovvero la finale di Champions League persa al Bayern Monaco nel 2010 contro Mourinho: “Avevamo dominato, l’Inter ha superato la metà campo cinque volte e ha vinto con Milito. Ero molto arrabbiato perché Mourinho era stato il mio assistente e per questo la cosa mi bruciava ancora di più. Ma è stata un’occasione da cui ho imparato tantissimo. Dopo quella partita ho cambiato modo di allenare, ho capito che qualche volta si può anche aspettare e gestire il gioco. E ho vinto ancora”.

La novità della Serie A è l’avvento di Andrea Pirlo sulla panchina della Juventus: “E’ stato il migliore da giocatore, io l’ho considerato un top player assoluto ma non so come può essere da allenatore. Ci sono pochi bravi giocatori diventati poi anche degli ottimi tecnici. Un allenatore non deve pensare a se stesso ma al bene comune. Tra i giocatori succede raramente, ne ho avuti pochissimi così ed erano i miei capitani. Non rappresentavano la squadra, ma la mia filosofia e la portavano avanti in partita. La curiosità su Pirlo indubbiamente c’è, vediamo quel che riesce a fare”.

L’Inter ha sognato Messi, la Juve ha provato a prendere Suarez. Le stelle non sempre brillano sul cielo italiano come si vorrebbe. Van Gaal sui fuoriclasse però ha un’idea ben precisa che va oltre: “Alla Juve non è bastato fin qui Cristiano Ronaldo per vincere la Champions. Conta la squadra e non il singolo fine a se stesso. Devi convincere tutti i giocatori di poter raggiungere certi traguardi, dunque devi convincere anche Ronaldo in funzione degli altri e non come singolo. La Juventus che ha battuto il mio Ajax ai rigori in finale di Champions League nel 1996 era più forte di questa perché ha vinto”.

L’allenatore italiano che l’intriga sta a Bergamo: “Non conosco personalmente Gasperini, però è stato bravissimo a spiegare bene il pressing nel 3-5-2″.

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