Jair è morto, addio alla Freccia Nera protagonista della Grande Inter di Herrera

Jair, la “Freccia Nera” della Grande Inter, se n’è andato ieri, in Brasile, a 84 anni, dopo una lunga malattia. E in Italia, il dolore è stato immediato e sincero. Per i tifosi nerazzurri resterà per sempre quel ragazzone travolto dalla gioia sul prato zuppo di pioggia di San Siro, il 27 maggio 1965. Scivolando a terra, riuscì comunque a colpire il pallone: una traiettoria lenta, che sembrava destinata a spegnersi tra le mani di Costa Pereira, portiere del Benfica, ma che invece si infilò tra le sue gambe, tradito dal campo allagato. Un gol pesantissimo, che consegnò all’Inter di Helenio Herrera la seconda Coppa dei Campioni consecutiva, dopo il trionfo di Vienna contro il Real Madrid di Di Stefano.

Jair, storia

Al suo fianco, quella sera, gli altri dieci figli del “Mago”, la formazione da recitare come una preghiera: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Peirò, Mazzola, Suarez, Corso. Oggi, di quella squadra di eroi, resistono solo Bedin, Guarneri e Mazzola. Ma la Grande Inter resta un’idea eterna, scolpita nel tempo.

Jair era arrivato in Italia nel 1962 da San Paolo, al termine di una storia di calcio che sfiorò anche i colori rossoneri: il Milan si era mosso per primo, salvo poi rinunciare, giudicandolo “troppo leggero” per il campionato italiano, come decretò Nereo Rocco. L’Inter invece non ebbe dubbi: Herrera insistette, cercando perfino un’ipotetica parentela italiana che gli permettesse di essere tesserato come oriundo. Non si trovò nulla, ma Jair trovò comunque casa a Milano, città che conosceva appena e che lo sorprese quando vide, per la prima volta, la neve cadere dal cielo.

Quella pioggia battente nella finale del ’65, invece, fu una benedizione per lui e per l’Inter: perfino Eusebio, la “Perla Nera” del Benfica, rimase impantanato. “Come dimenticare quell’azione – ricordava Jair in una delle sue ultime interviste alla Gazzetta, due anni fa – bello lo scambio con Mazzola, ma il campo era scivoloso e la palla sembrava impazzita…”.

Jair lasciò l’Inter nel 1972, dopo dieci anni gloriosi. Passò al Santos, dove ebbe il privilegio di giocare al fianco di Pelé. Il suo bilancio in nerazzurro è da autentico mito: 260 partite, 69 gol, 4 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali. E anche un Mondiale, quello del 1962, vinto col Brasile senza mai scendere in campo, chiuso davanti da un certo Garrincha. Con la maglia giallorossa della Roma giocò una stagione in prestito, dopo la delusione della finale di Coppa Campioni persa contro il Celtic nel ’67, quando Herrera gli preferì Domenghini. Era invece ancora in campo a Rotterdam, il 31 maggio 1972, nell’ultima finale disputata contro l’Ajax di Johan Cruijff.

Ora che Jair se n’è andato, proprio mentre l’Inter di Inzaghi sogna un’altra Champions League, il cerchio sembra chiudersi. “Un posto nell’eternità di una squadra leggendaria. Il Club si stringe alla sua famiglia in questo momento difficile”, ha scritto l’Inter, commossa, sui suoi canali social. La “Freccia Nera” resterà per sempre nella leggenda, tra Armando Picchi e Joaquin Peirò, con il numero 7 cucito addosso. Sempre in volo, come allora.

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