Un’edizione che fa già discutere
La prossima Supercoppa Italiana si disputerà ancora una volta in Arabia Saudita, con la formula delle Final Four introdotta di recente. Bologna, Milan e – salvo sorprese – il Napoli sono già pronte a prendere parte alla manifestazione. Ma è l’Inter, fresca vincitrice dello scudetto, a sollevare forti perplessità.
Il malumore nerazzurro
Il club milanese ha manifestato un certo fastidio per la scelta della sede e della formula, giudicate inopportune alla luce del calendario congestionato. I nerazzurri dovranno affrontare già quest’estate il Mondiale per Club e, in caso di vittoria della Champions League, anche la nuova Coppa Intercontinentale FIFA a dicembre 2025. Aggiungere uno o due viaggi in Arabia per giocare la Supercoppa appare un aggravio evitabile.
La minaccia (simbolica) del forfait
Durante l’ultima assemblea della Lega Serie A, l’avvocato dell’Inter Angelo Capellini ha espresso ufficialmente l’intenzione del club di valutare la propria partecipazione, lasciando intendere che una rinuncia non sia da escludere. Tuttavia, questa ipotesi sembra più un segnale di protesta che una reale possibilità.
Una scelta obbligata
Il contratto firmato dalla Lega Serie A con la federazione saudita garantisce circa 23 milioni di euro a ogni edizione della Supercoppa disputata nel Golfo. Si tratta di un accordo vincolante, che impone alle squadre qualificate la partecipazione obbligatoria. In caso di rifiuto, l’Inter andrebbe incontro a sanzioni economiche e a un danno d’immagine, con la necessità di sostituire il club con un’altra squadra non qualificata sul campo.
Il precedente del Real Madrid
La situazione ricorda quanto accaduto di recente in Spagna, dove anche il Real Madrid aveva espresso dubbi sulla partecipazione alla Coppa del Re contro il Barcellona, per motivi legati alle politiche di scelta degli arbitri. Alla fine, però, ha giocato. Perché ci sono partite, e contesti, in cui la rinuncia non è una vera opzione.
Valore economico e messaggio politico
Oltre agli aspetti sportivi e logistici, la scelta di giocare in Arabia Saudita ha un chiaro significato economico e geopolitico. Da un lato, i 23 milioni incassati dalla Lega rappresentano una risorsa preziosa per un sistema calcio italiano spesso in affanno finanziario. Dall’altro, la costante presenza di grandi eventi sportivi nel Golfo conferma la volontà del paese mediorientale di posizionarsi come hub globale dello sport, anche a costo di attirare critiche per le condizioni dei diritti umani o per il cosiddetto “sportswashing”.
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