“Due punti. Solo due. Ma quanto pesano…”
Alla fine, ci mancano due punti. Due. Roba da niente, direte. Ma andate a cercarli, quei benedetti punti. Cercateli tra le mani – letteralmente – di Bisseck contro Genoa e Lazio, tra i gol sbagliati da Arnautovic che ancora gridano vendetta, tra i cambi tardivi di Inzaghi che a volte sembravano fatti con il fuso orario sbagliato. Oppure negli acquisti mai arrivati, quelli che dovevano “completare” una rosa che sembrava sempre quasi completa.
“Punti persi e sogni spariti nei peggiori posti”
Monza, Parma, Juve (due volte, grazie tante). Se vi dico che l’Inter ha lasciato più punti di quanti ne abbia presi il Verona in trasferta, mi credete? Rimonte subite, partite finite prima del fischio finale, derby giocati come se il pareggio fosse una vittoria morale. E intanto, gli altri facevano festa. Con 82 punti, eh. Mica 100. Basta pensarci per farsi venire l’orticaria.
“VARgogna, errori a intermittenza e silenzi imbarazzanti”
Ora, non è che vogliamo fare i complottisti col cappellino di stagnola in testa. Però, il rigore su Bisseck contro la Roma? Niente. Il fallo di mano di Spinazzola? Invisibile. Olivera al Meazza? Tutto regolare. McTominay su Dumfries al Maradona? Sport di contatto, ci dicono. E il VAR? Quando c’era, taceva. Quando doveva esserci, spariva. Letteralmente. Ma certo, siamo noi che vediamo cose che non esistono. Povera Inter…

“Calendari creativi e designazioni alla cieca: coincidenze?”
E poi ci sono le chicche. Come Inter-Roma fissata tre giorni prima del Barcellona, giusto per farci arrivare con le gambe di legno. O l’ultima giornata anticipata di 24 ore, così da regalare al Napoli lo scudetto celebrativo e a noi un po’ di jet lag in più. Ah, e Guida al VAR contro la Lazio? Sì, lo stesso Guida che non arbitra il Napoli per “motivi familiari”. Tranquilli, è tutto normale, è la Marotta League.
“Siamo troppo onesti. E a volte troppo ciechi”
Il tifoso interista, si sa, è uno che si guarda allo specchio prima di puntare il dito. E va bene così. Ma ogni tanto bisognerebbe anche alzare lo sguardo e rendersi conto che, fuori da casa nostra, c’è un mondo che non sempre gioca pulito. Non servono complotti planetari: bastano un paio di spinte leggere, un fischietto che tace al momento giusto, e quei due punti scompaiono.
“Champions nel cuore, scudetto tra le dita”
L’obiettivo vero, lo sapevamo tutti, era la Champions. Dopo Istanbul, non poteva essere altrimenti. Ma perdere un campionato dove eri il più forte, dove gli altri arrancavano e tu facevi poesia per larghi tratti… beh, fa male. Fa malissimo. Però questa squadra ha scelto l’altare europeo, ha fatto 59 partite e ora si gioca la più importante. Un sacrificio? Sì. Ma forse, solo forse, ne sarà valsa la pena.
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