Il giornalista Fabrizio Biasin, su X, scrive così dell’addio di Simone Inzaghi all’Inter.
“Se ne va una bella persona prima ancora che un bravo allenatore. E un bravo allenatore lo è eccome. E una brava persona, ancora di più. In un mondo – quello del calcio – in cui tutti quanti si nutrono di “io” (“io ho vinto, io ho fatto, io, io, io”) Simone Inzaghi ha scelto sempre il “loro”, al massimo il “noi” (“i ragazzi sono stati bravi…”, “devo ringraziare questo gruppo…”). I due soli casi ha utilizzato l’io: 1) Nelle sconfitte (“Sono il responsabile”). 2) In un giorno di qualche anno fa, quando le cose andavano male e ci ha tenuto a mettere i puntini sulle I: “Dove alleno io aumentano i ricavi, calano le perdite e si vincono i trofei”. Ci siamo messi a ridere, aveva ragione lui. L’Inter ha miseramente perso l’ultima finale di Champions, una mazzata micidiale e affatto digerita o digeribile, ma è anche vero che è arrivata a giocarsela, quella finale. E con quella del 2023 fanno due in tre anni. E con questi risultati, quest’anno, il bilancio del club tornerà a sorridere dopo un’eternità.
Se oggi diamo per scontato che questa squadra possa arrivare in fondo a qualunque competizione il merito è di tutto il gruppo Inter ma anche e forse soprattutto suo, un lavoro che ha portato bellezza sul campo, serenità nello spogliatoio, comunione d’intenti, il tutto a costo zero (non un dettaglio). Le storie nel calcio sono tristemente destinate a terminare, soprattutto in questi anni fatti di contratti che valgono quello che valgono. Ma se i protagonisti se ne vanno, i tifosi invece restano. E restano sia nel bene che nel male. E ovviamente si augurano che il futuro possa essere migliore rispetto al passato. Ecco, il futuro è già iniziato, ma prima di capire quel che accadrà credo sia giusto salutare questo signore qua: per 4 anni ha trattato l’Inter con la cura e l’attenzione che merita e, quindi, ha trattato bene tutti coloro che le vogliono bene. Grazie Simone”.
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