Acquisti in Serie A: una scelta comoda
Negli ultimi cinque anni, l’Inter ha dimostrato una netta tendenza a pescare nel proprio campionato, acquistando giocatori già presenti in Serie A o con esperienza nel calcio italiano. Alcuni esempi? Calhanoglu dal Milan, Acerbi e Correa dalla Lazio, Frattesi dal Sassuolo, Carlos Augusto dal Monza e Zielinski dal Napoli. Anche operazioni minori come Asllani (Empoli) o Audero (Sampdoria) confermano questa direzione. Questa politica, se da un lato garantisce affidabilità e riduce i rischi di ambientamento, dall’altro mostra un approccio piuttosto conservativo, poco aperto alla scoperta di talenti internazionali prima che diventino inaccessibili.
Età media alta: esperienza o zavorra?
La formazione tipo dell’Inter 2025 è costruita su profili solidi ma decisamente maturi. Sommer ha 35 anni, Acerbi 37, Mkhitaryan 36. Anche altri titolari – come Calhanoglu, Pavard e Lautaro – hanno superato i 27. L’età media sfiora i 30 anni, tra le più alte d’Europa. Questa scelta ha garantito risultati e compattezza, ma presenta un problema strutturale: un ricambio generazionale che tarda ad arrivare e una rosa poco valorizzabile sul mercato. In un calcio moderno dove molti club vivono di plusvalenze, questo può diventare un limite.
I segnali di cambiamento ci sono
Nell’estate 2025, però, qualcosa sembra muoversi. L’arrivo del giovane croato Sucic (21 anni) dalla Dinamo Zagabria e del brasiliano Luis Henrique (23 anni) dal Marsiglia mostra un cambio di rotta. Anche l’inserimento di Palacios (21 anni) può essere letto in questa chiave. Sono acquisti mirati e promettenti, lontani dalla logica degli “usati sicuri” che ha dominato in passato. Resta da vedere se si tratta di una strategia strutturale o di semplici eccezioni. Per ora, l’ossatura della squadra resta basata sull’esperienza e non sulla prospettiva, come ha sempre ribadito il presidente Marotta: “lo zoccolo duro rimarrà, si acquisteranno giovani”.
Un calcio italiano in crisi non può essere il serbatoio principale
La scelta dell’Inter di affidarsi così tanto al mercato italiano appare ancora più discutibile se si guarda al contesto generale: il calcio italiano è in crisi da anni. La Nazionale non si qualifica a un Mondiale da oltre un decennio, i giovani di talento scarseggiano e i grandi campioni arrivano solo a fine carriera, non nel pieno delle loro forze. Continuare a costruire la squadra con giocatori che già militano in Serie A rischia di essere una strategia miope. Per restare competitivi in Europa, serve il coraggio di puntare su giovani internazionali, di formarli e valorizzarli in casa. È questa la sfida più grande per il futuro dell’Inter.
Le big europee puntano sui giovani: l’Inter è in controtendenza?
Guardando alle altre grandi d’Europa, il contrasto con la strategia dell’Inter è evidente. Club come il Real Madrid, il Manchester City e il Bayern Monaco investono in maniera sistematica su giovani talenti internazionali, spesso prima che esplodano definitivamente.
- Il Real Madrid ha costruito il suo futuro con nomi come Vinícius Jr. (arrivato a 18 anni), Rodrygo, Bellingham, Camavinga e Tchouaméni, tutti acquistati sotto i 22 anni e ora titolari fissi.
- Il Manchester City alterna veterani a profili giovani e futuribili: basti pensare a Haaland (preso a 21 anni) o a talenti come Foden, cresciuto in casa.
- Anche il Bayern Monaco, pur mantenendo una struttura esperta, ha puntato su Musiala, Tel e in passato su Davies, tutti giovanissimi e oggi elementi chiave.
- Il Barcellona, seppur con difficoltà economiche, ha rilanciato la propria cantera con Pedri, Gavi, Lamine Yamal e Balde.
Queste squadre cercano di costruire valore patrimoniale e tecnico nel tempo, garantendo ricambi generazionali continui e sostenibilità.
L’Inter, al contrario, ha spesso scelto il profilo esperto e “pronto”, investendo poco su calciatori under 23 (se non già affermati) e ancora meno su giovani italiani. Se da un lato questa politica ha garantito solidità e risultati nel breve, dall’altro rischia di lasciare il club scoperto in futuro, con una rosa invecchiata e pochi asset da valorizzare.
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