EDITORIALE – Cara Inter, basta scuse: venti giorni per decidere chi vogliamo essere

E così, la stagione 2024/25 dell’Inter si è chiusa nel modo peggiore, in coda a 63 partite che hanno lasciato il segno, nel fisico e nell’anima. E se qualcuno ha tirato un sospiro di sollievo al fischio finale contro il Fluminense, è solo perché il dolore – a un certo punto – anestetizza tutto.
Ma da tifoso, no. Da tifoso fa male. Perché non è solo una sconfitta, non è solo stanchezza: è la sensazione che si sia perso il filo, che lo spirito che ci ha portati in alto si stia sfilacciando. Le crepe emerse al Mondiale non sono figlie di una singola partita, ma di una gestione che, pur ricca di buone intenzioni, sembra aver perso la bussola nei momenti decisivi. Il campo parla. E dice che la difesa ha bisogno di essere rifondata, il centrocampo – quello che ci ha resi dominanti – è pieno di interrogativi: Calhanoglu resta o parte? Frattesi va valorizzato o venduto? E davanti? Davvero pensiamo che basti Lautaro? Che sia sufficiente Thuram che va ricostruito psicologicamente, o Pio Esposito di cui non si capisce se puntiamo o temporeggiamo? Bonny è da Inter? E poi Lautaro. Le sue parole sono state uno schiaffo, ma anche una sveglia. Forse dura, forse scomoda, ma necessaria. Non si può più far finta di nulla. Quelle parole non erano solo per Calha. Erano per tutti. Per chi decide, per chi gioca, per chi guarda e tace.
Ora abbiamo venti giorni per decidere chi vogliamo essere. Perché se pensiamo davvero di restare ai livelli che ci competono, non bastano i ricordi. Servono scelte vere, nette, coraggiose. Altrimenti l’epilogo del Mondiale per Club sarà solo l’inizio del buio.

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